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Trecate: la minoranza chiede la testa del presidente del consiglio Giorgio Ingold

Richiesta che sarà avanzata il 18 dicembre nel corso del consiglio comunale dopo le recenti polemiche legate al calendario del Comune

«Chiediamo le dimissioni del presidente del consiglio comunale, Giorgio Ingold». Ad affermarlo, la consigliere di minoranza, Anna Uboldi, a nome di tutto il gruppo. Una richiesta presentata dalla minoranza trecatese scaturita dopo le recenti polemiche legate al calendario del Comune distribuito agli alunni delle scuole, contenente una serie di QR code che rimandano alle pagine social di Ingold.

«Abbiamo chiesto un consiglio comunale ad hoc per discutere della questione e presentare interrogazioni a riguardo – spiega Uboldi -. Peccato che il sindaco Federico Binatti ha deciso di inserire il Bilancio nella seduta togliendoci di fatto la possibilità di presentare le nostre interrogazioni. Il 18 dicembre, dunque, in seduta avanzeremo comunque alcune mozioni tra cui, appunto, la richiesta di dimissioni volontarie da parte di Ingold come atto di responsabilità politica necessario per garantire a tutti i consiglieri l’imparzialità e il rispetto delle regole nella gestione dei lavori consiliari e nel rapporto con i cittadini. Un’altra richiesta è quella di ritirare a Ingold il consenso di utilizzo del logo comunale – nelle sue mani fino al 2025 -. Il presidente del consiglio comunale fa politica di parte, inneggia alla Russia di Putin e vilipende il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Per questo una mozione sarà proprio riferita alla censura dell’operato di Ingold. Come ultima mozione presenteremo un articolo dello statuto comunale che permette di sfiduciare la carica del presidente del consiglio comunale tramite una votazione».

«In consiglio presenteremo degli atti che costringeranno la maggioranza a scoprire le carte e a dichiarare la loro complicità o la loro estraneità all’iniziativa di Ingold – aggiunge il consigliere di minoranza, Marco Uboldi -. Non possiamo più accettare gesti simili, ma soprattutto il silenzio degli alleati di Binatti che continuano a trincerarsi dietro ai ‘non sapevamo’, però siamo una squadra».

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Paolo Pavone

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