Ci sono due modi per guardare “Foglie al vento” il nuovo film di Aki Kaurismäki (che va a completare la quadrilogia iniziata nel 1986 con “Ombre in paradiso”... Dalla rubrica Chez Mimich

Ci sono due modi per guardare “Foglie al vento” il nuovo film di Aki Kaurismäki (che va a completare la quadrilogia iniziata nel 1986 con “Ombre in paradiso”, proseguita negli anni con “Ariel” e “La fiammiferaia”), ossia si può guardare il film come un racconto realista oppure guardarlo come un’opera formalista. Ma c’è anche un terzo modo, ovvero guardarlo come fosse le due cose messe insieme. Una cassiera di un supermercato ed un operaio si incontrano casualmente in un locale di karaoke, in una Helsinki cupa e squallidamente infera, quella del quartiere operaio di Kallio. Provengono entrambi da una classe sociale misera ed entrambi hanno perso o stanno per perdere il lavoro, lei per un piccolo furto di un prodotto alimentare scaduto, lui per essere dedito all’alcolismo.

Il destino che li ha fatti incontrare però gioca loro un brutto scherzo, poiché l’uomo smarrisce il numero di telefono della donna, unica informazione in suo possesso. Ma ancora una volta il destino e la caparbietà dell’uomo, faranno incontrare nuovamente i due protagonisti (che sembrano non avere un nome) facendoli ricongiungere per una storia d’amore che sembra essere l’unica via di fuga da una realtà esistenzialmente squallida e tristissima.

Tutto qui? No, il film di Kaurismäki è un piccolo capolavoro di ironia e drammatica solitudine: l’inespressività dei protagonisti sfocia spesso in situazioni di castigata ilarità, mentre le ambientazioni sembrano quelle di una “Neue Sachlitchkeit” scandinava, dalle tinte malate e marcescenti di una società incupita da povertà materiali e spirituali e tormentata dagli echi di guerre incombenti (come dimostrano i ricorrenti bollettini radio che riferiscono della guerra in Ucraina). A far compagnia ai due protagonisti (ma anche agli altri personaggi del film), c’è anche un convitato di pietra: l’alcol, uno spettro che si aggira per il paese nordico e che affonda i suoi denti da vampiro su quelle fragili esistenze, già messe a dura prova da una società che sembra mancare di umanità e di speranza.

Va detto che “Foglie al vento” (Kuolleet lehdet), visto in lingua originale con sottotitoli, come è capitato a chi scrive, rende ancora più reali situazioni ed ambienti, caratterizzati dalla loro appartenenza ad un luogo molto lontano dalle sensibilità mediterranee. Un film fortemente sconsigliato a chi è alla ricerca di una facile evasione, ma caldamente consigliato a chi ama il cinema nel suo “essere in purezza”, così come è amato da Kaurismäki che punteggia la storia con piccole e preziose citazioni tratte dalla storia del grande cinema.

Non si poteva chiudere cinematograficamente meglio il 2023.

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Mario Grella

Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Foglie al vento

Ci sono due modi per guardare “Foglie al vento” il nuovo film di Aki Kaurismäki (che va a completare la quadrilogia iniziata nel 1986 con “Ombre in paradiso”…
Dalla rubrica Chez Mimich

Ci sono due modi per guardare “Foglie al vento” il nuovo film di Aki Kaurismäki (che va a completare la quadrilogia iniziata nel 1986 con “Ombre in paradiso”, proseguita negli anni con “Ariel” e “La fiammiferaia”), ossia si può guardare il film come un racconto realista oppure guardarlo come un’opera formalista. Ma c’è anche un terzo modo, ovvero guardarlo come fosse le due cose messe insieme. Una cassiera di un supermercato ed un operaio si incontrano casualmente in un locale di karaoke, in una Helsinki cupa e squallidamente infera, quella del quartiere operaio di Kallio. Provengono entrambi da una classe sociale misera ed entrambi hanno perso o stanno per perdere il lavoro, lei per un piccolo furto di un prodotto alimentare scaduto, lui per essere dedito all’alcolismo.

Il destino che li ha fatti incontrare però gioca loro un brutto scherzo, poiché l’uomo smarrisce il numero di telefono della donna, unica informazione in suo possesso. Ma ancora una volta il destino e la caparbietà dell’uomo, faranno incontrare nuovamente i due protagonisti (che sembrano non avere un nome) facendoli ricongiungere per una storia d’amore che sembra essere l’unica via di fuga da una realtà esistenzialmente squallida e tristissima.

Tutto qui? No, il film di Kaurismäki è un piccolo capolavoro di ironia e drammatica solitudine: l’inespressività dei protagonisti sfocia spesso in situazioni di castigata ilarità, mentre le ambientazioni sembrano quelle di una “Neue Sachlitchkeit” scandinava, dalle tinte malate e marcescenti di una società incupita da povertà materiali e spirituali e tormentata dagli echi di guerre incombenti (come dimostrano i ricorrenti bollettini radio che riferiscono della guerra in Ucraina). A far compagnia ai due protagonisti (ma anche agli altri personaggi del film), c’è anche un convitato di pietra: l’alcol, uno spettro che si aggira per il paese nordico e che affonda i suoi denti da vampiro su quelle fragili esistenze, già messe a dura prova da una società che sembra mancare di umanità e di speranza.

Va detto che “Foglie al vento” (Kuolleet lehdet), visto in lingua originale con sottotitoli, come è capitato a chi scrive, rende ancora più reali situazioni ed ambienti, caratterizzati dalla loro appartenenza ad un luogo molto lontano dalle sensibilità mediterranee. Un film fortemente sconsigliato a chi è alla ricerca di una facile evasione, ma caldamente consigliato a chi ama il cinema nel suo “essere in purezza”, così come è amato da Kaurismäki che punteggia la storia con piccole e preziose citazioni tratte dalla storia del grande cinema.

Non si poteva chiudere cinematograficamente meglio il 2023.

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.