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Pratiche false per i permessi di soggiorno: pm chiede 2 anni per titolare di agenzia

Un collaudato sistema illecito che nella città di Novara, nel 2018 ma forse anche prima, avrebbe consentito a diversi immigrati di aggirare le norme sull’immigrazione traendo in inganno la pubblica amministrazione

Titolare di un’agenzia di pratiche per stranieri, in qualche occasione avrebbe registrato ditte individuali allo scopo di dimostrare la presenza di reddito e volume d’affari necessari per ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, anche grazie alla collaborazione di professionisti che avrebbero certificato bilanci e fatture in realtà inesistenti, false, spesso create ad hoc.

Un collaudato sistema illecito che nella città di Novara, nel 2018 ma forse anche prima, avrebbe consentito a diversi immigrati di aggirare le norme sull’immigrazione traendo in inganno la pubblica amministrazione. Un sistema che ha portato in tribunale M.B., cinquantenne di origine tunisina ma da anni in Italia, titolare dell’agenzia di pratiche amministrative di corso Trieste, con le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e produzione di falsa documentazione: per lui il pm ha chiesto la condanna a 2 anni di carcere, mentre il suo legale ha chiesto l’assoluzione sostenendo che non ci fosse prova di un coinvolgimento dell’imputato nell’attività illecita, poiché lui forniva semplicemente assistenza a persone in difficoltà con la lingua e le procedure del nostro paese.

Tutto è partito cinque anni fa grazie a una segnalazione. La polizia, indagando, aveva verificato che alcune delle richieste di permesso di soggiorno avevano come comun denominatore la stessa agenzia di pratiche per stranieri. Un particolare sospetto che era stato approfondito. Si era così scoperto che nessuno dei richiedenti aveva in realtà un’attività lavorativa, per lo più indicata come ditta con partita Iva per lavoro autonomo nel settore del volantinaggio o dell’abbigliamento, e che nessuno aveva i requisiti per ottenere il documento di soggiorno».

Il giro d’affari (almeno quello scoperto) era stato stimato in circa 15 mila euro: lo straniero pagava all’agenzia circa 250-300 euro. Secondo l’accusa era il tunisino di Sant’Agabio a fare da catalizzatore delle richieste: l’uomo registrava ditte individuali per dimostrare un’attività lavorativa e quindi una fonte di reddito in realtà inesistente.

La sentenza sarà a gennaio.

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