Sobrie, rispettose, giuste: le scelte in tempo di pandemia

Come Slow Medicine, abbiamo espresso in un documento alcune considerazioni sui tragici eventi che abbiamo vissuto, non per cercare errori o individuare colpevoli, ma per trarre degli insegnamenti utili non solo in tempo di pandemia ma anche nel ritorno alla normalità.

Non è paradossale che Slow Medicine affronti il tema dell’emergenza, perché “slow” in questo caso non equivale a “lento” ma ad una cura sobria, rispettosa e giusta. E proprio sotto questa lente abbiamo voluto riflettere su quanto accaduto. Che cos’è sobrio, rispettoso e giusto nei momenti in cui si è di fronte a scelte che contemplano la morte e si tratta di decidere per sé e per gli altri?

In generale, dobbiamo riconoscere che il massimo impegno è stato rivolto agli aspetti tecnologici: ventilatori, posti letto in rianimazione, mascherine, tamponi, mentre non è stata posta sufficiente attenzione alle persone, sottoposte ad un carico enorme di ansia e sofferenza. Solitudine e paura hanno contrassegnato le esperienze delle persone, dei pazienti in tutte le fasi della malattia e dei loro familiari come dei professionisti sanitari, e le conseguenze psicologiche rischiano di persistere a lungo.

E la gestione dell’assistenza è stata centrata quasi esclusivamente sugli ospedali, in particolare nelle prime fasi, mentre sarebbe stata necessaria una maggiore attenzione alla sanità pubblica, al territorio e al personale sanitario che, soprattutto nei primi momenti, ha affrontato la pandemia “a mani nude” e con la non facile responsabilità di decidere.

Dal punto di vista della medicina “rispettosa” va sottolineata la grande difficoltà nella comunicazione dei medici e degli altri professionisti con i pazienti e i loro familiari, per l’estrema urgenza delle scelte da compiere, per i dispositivi di protezione che rappresentano una barriera tra le persone e per la impossibilità di accesso ai familiari nelle strutture sanitarie.

Sono encomiabili gli sforzi da parte del personale di mettere in contatto i pazienti con i loro familiari rimasti a casa tramite videochiamate, ed è utilissimo un documento di alcune società scientifiche che descrive i principi e gli aspetti pratici della comunicazione con i familiari in condizioni di isolamento.

In questa situazione di estrema difficoltà ci sembra di rilevare molte criticità, nella pratica, circa il rispetto della volontà e delle preferenze del paziente. Ci ricorda la raccomandazione di Choosing Wisely International su COVID-19: “Non intubare pazienti fragili senza aver parlato con i familiari riguardo alle direttive anticipate del paziente, ogniqualvolta è possibile”. Una riflessione sul rispetto delle volontà del paziente anche in situazione di emergenza e sull’opportunità di una pianificazione condivisa delle cure sarà opportuna con il ritorno alla normalità.

Come andrà fatta una riflessione sulla latitanza delle cure palliative, sulle quali ha pesato la concezione troppo diffusa che siano riservate ai pazienti oncologici e rappresentino un’alternativa agli interventi curativi, quando “non c’è più niente da fare”. Anche i malati di Covid-19, quando i trattamenti si dimostrano inefficaci, hanno invece diritto a “morire bene” in qualsiasi ambiente si trovino, attraverso il controllo dei sintomi e l’accompagnamento psicologico e spirituale.

Dal punto di vista della medicina “giusta”, dobbiamo riconoscere che la pandemia ci ha colti impreparati di fronte ad un evento imprevedibile, perlomeno nei modi, nei tempi e nelle dimensioni in cui si è manifestato. La coperta era troppo corta e non tutte le persone contagiate hanno potuto avere le cure di cui avevano bisogno. Pensiamo alle carenze di programmi di sanità pubblica per contenere i contagi, di servizi domiciliari, di una rete di assistenza territoriale, di mezzi di protezione degli operatori, di letti negli ospedali, di servizi di cure palliative, di posti in rianimazione.

L’altissimo numero di medici, infermieri e altri operatori sanitari che sono stati contagiati e che sono deceduti rappresenta una tragica conseguenza di questa impreparazione. Per approfondire queste riflessioni potete leggere il nostro documento: “La ricetta di Slow Medicine per cure “sobrie, rispettose, giuste anche in tempo di pandemia”.

Potete anche partecipare al web meeting “Sobrie, rispettose, giuste: le scelte in tempo di pandemia” che si terrà Giovedì 2 luglio 2020 – ore 18,30-20,00

La partecipazione è gratuita con iscrizione obbligatoria  https://www.slowmedicine.it/web-meeting-sobrie-rispettose-giuste-le-scelte-in-tempo-di-pandemia/

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Sandra Vernero

Medico chirurgo, cofondatore e presidente Associazione Slow Medicine, coordinatore del progetto "Fare di più non significa fare meglio - Choosing Wisely Italy”

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Sobrie, rispettose, giuste: le scelte in tempo di pandemia

Come Slow Medicine, abbiamo espresso in un documento alcune considerazioni sui tragici eventi che abbiamo vissuto, non per cercare errori o individuare colpevoli, ma per trarre degli insegnamenti utili non solo in tempo di pandemia ma anche nel ritorno alla normalità.

Non è paradossale che Slow Medicine affronti il tema dell’emergenza, perché “slow” in questo caso non equivale a “lento” ma ad una cura sobria, rispettosa e giusta. E proprio sotto questa lente abbiamo voluto riflettere su quanto accaduto. Che cos’è sobrio, rispettoso e giusto nei momenti in cui si è di fronte a scelte che contemplano la morte e si tratta di decidere per sé e per gli altri?

In generale, dobbiamo riconoscere che il massimo impegno è stato rivolto agli aspetti tecnologici: ventilatori, posti letto in rianimazione, mascherine, tamponi, mentre non è stata posta sufficiente attenzione alle persone, sottoposte ad un carico enorme di ansia e sofferenza. Solitudine e paura hanno contrassegnato le esperienze delle persone, dei pazienti in tutte le fasi della malattia e dei loro familiari come dei professionisti sanitari, e le conseguenze psicologiche rischiano di persistere a lungo.

E la gestione dell’assistenza è stata centrata quasi esclusivamente sugli ospedali, in particolare nelle prime fasi, mentre sarebbe stata necessaria una maggiore attenzione alla sanità pubblica, al territorio e al personale sanitario che, soprattutto nei primi momenti, ha affrontato la pandemia “a mani nude” e con la non facile responsabilità di decidere.

Dal punto di vista della medicina “rispettosa” va sottolineata la grande difficoltà nella comunicazione dei medici e degli altri professionisti con i pazienti e i loro familiari, per l’estrema urgenza delle scelte da compiere, per i dispositivi di protezione che rappresentano una barriera tra le persone e per la impossibilità di accesso ai familiari nelle strutture sanitarie.

Sono encomiabili gli sforzi da parte del personale di mettere in contatto i pazienti con i loro familiari rimasti a casa tramite videochiamate, ed è utilissimo un documento di alcune società scientifiche che descrive i principi e gli aspetti pratici della comunicazione con i familiari in condizioni di isolamento.

In questa situazione di estrema difficoltà ci sembra di rilevare molte criticità, nella pratica, circa il rispetto della volontà e delle preferenze del paziente. Ci ricorda la raccomandazione di Choosing Wisely International su COVID-19: “Non intubare pazienti fragili senza aver parlato con i familiari riguardo alle direttive anticipate del paziente, ogniqualvolta è possibile”. Una riflessione sul rispetto delle volontà del paziente anche in situazione di emergenza e sull’opportunità di una pianificazione condivisa delle cure sarà opportuna con il ritorno alla normalità.

Come andrà fatta una riflessione sulla latitanza delle cure palliative, sulle quali ha pesato la concezione troppo diffusa che siano riservate ai pazienti oncologici e rappresentino un’alternativa agli interventi curativi, quando “non c’è più niente da fare”. Anche i malati di Covid-19, quando i trattamenti si dimostrano inefficaci, hanno invece diritto a “morire bene” in qualsiasi ambiente si trovino, attraverso il controllo dei sintomi e l’accompagnamento psicologico e spirituale.

Dal punto di vista della medicina “giusta”, dobbiamo riconoscere che la pandemia ci ha colti impreparati di fronte ad un evento imprevedibile, perlomeno nei modi, nei tempi e nelle dimensioni in cui si è manifestato. La coperta era troppo corta e non tutte le persone contagiate hanno potuto avere le cure di cui avevano bisogno. Pensiamo alle carenze di programmi di sanità pubblica per contenere i contagi, di servizi domiciliari, di una rete di assistenza territoriale, di mezzi di protezione degli operatori, di letti negli ospedali, di servizi di cure palliative, di posti in rianimazione.

L’altissimo numero di medici, infermieri e altri operatori sanitari che sono stati contagiati e che sono deceduti rappresenta una tragica conseguenza di questa impreparazione. Per approfondire queste riflessioni potete leggere il nostro documento: “La ricetta di Slow Medicine per cure “sobrie, rispettose, giuste anche in tempo di pandemia”.

Potete anche partecipare al web meeting “Sobrie, rispettose, giuste: le scelte in tempo di pandemia” che si terrà Giovedì 2 luglio 2020 – ore 18,30-20,00

La partecipazione è gratuita con iscrizione obbligatoria  https://www.slowmedicine.it/web-meeting-sobrie-rispettose-giuste-le-scelte-in-tempo-di-pandemia/

© 2020-2024 La Voce di Novara
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Medico chirurgo, cofondatore e presidente Associazione Slow Medicine, coordinatore del progetto "Fare di più non significa fare meglio - Choosing Wisely Italy”