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«Mi hanno aggredita in tre», ma non era vero. Condannata per simulazione di reato

tribunale il caldo
E.B., 25 anni, residente a Oleggio, è stata processata per simulazione di reato e condannata a 1 anno e 2 mesi di reclusione

«Sono stata aggredita da tre sconosciuti armati di coltello, che volevano violentarmi». Così, cinque anni fa, la donna aveva denunciato in caserma. Diceva di essere andata addirittura in ospedale per farsi medicare le ferite. Grazie a una serie di approfonditi accertamenti, a caccia di chi potessero essere i responsabili di un episodio tanto brutale, i carabinieri di Novara erano arrivati alla conclusione che la notte fra il 10 e 11 settembre 2018, alla periferia di Oleggio, nessuno aveva avvicinato e malmenato la giovane a spasso col cane.

E così la giovane E.B., 25 anni, residente in paese, è stata processata per simulazione di reato e condannata a 1 anno e 2 mesi di reclusione. Il giudice ha inflitto una pena inferiore a quella chiesta dal pm, ovvero 2 anni e 3 mesi: l’accusa aveva parlato di invenzione che aveva sfiorato la calunnia, dal momento che l’imputata aveva addirittura adombrato sospetti su qualcuno in particolare.

I carabinieri hanno ricostruito in aula tutte le incongruenze del suo racconto, e i motivi che hanno portato a sospettare che si fosse inventata tutto. Trattandosi di un «codice rosso» gli investigatori avevano messo in campo tutti gli sforzi possibili per individuare gli aggressori. Ma, sentiti testimoni, visionate le telecamere del paese, effettuati accertamenti sui tabulati e le celle telefoniche della zona, nulla tornava. Anche un automobilista di passaggio, che quella sera transitava vicino al luogo dei fatti, pare non avesse visto un gruppo di uomini allontanarsi in tutta fretta, come aveva invece detto la ragazza. L’oleggese non ha mai spiegato i motivi per cui si sarebbe inventata un tentativo di violenza sessuale. Non ha parlato nemmeno in tribunale. Aveva semplicemente sostenuto che mentre si trovava in giro col cane, a pochi passi da casa, un uomo le si era avvicinato con la scusa di chiedere informazioni; poi ne erano sbucati altri, almeno due. Avevano iniziato a toccarla, palpeggiarla al seno, ai glutei. Nessuno le aveva chiesto soldi. Lei, a suo dire, si era messa a urlare e loro, per far capire che facevano sul serio, avevano tirato qualche fendente. Poi improvvisamente se ne erano andati via, forse perché spaventati dall’arrivo di qualche auto.

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