E’ un omicidio pensato, organizzato, quindi premeditato, per vendicare uno stupro. E la pena, in astratto, può essere quella dell’ergastolo. Ecco perché il gup di Novara ieri ha rinviato a giudizio davanti alla Corte d’Assise, con processo che inizierà il 15 settembre, i due presunti responsabili del delitto avvenuto il 25 luglio dello scorso anno nei boschi di Oleggio, in una zona abitualmente frequentata da spacciatori e consumatori di droga. In aula ci saranno N.D., 34enne di Borgo Ticino indicato come esecutore materiale, arrestato dai carabinieri pochi ore dopo il fatto e attualmente in carcere, e F.D., 29 anni, anche lei residente nell’Aronese, ritenuta l’istigatrice morale dell’omicidio di Fadili Charaf, ventottenne marocchino senza fissa dimora accoltellato a morte. Contro di loro si è costituito parte civile il fratello della vittima, per il risarcimento del danno.
Il fatto, in base a quanto verificato dai carabinieri a conclusione delle indagini, sarebbe da collocare nel contesto degradato dello spaccio di sostanze stupefacenti della zona dei boschi dell’Ovest Ticino. La sera prima dell’omicidio, il 24 luglio, il pusher 28enne, dopo aver venduto una dose alla ragazza, ne avrebbe approfittato per violentarla. Almeno stando al racconto di lei.
La ragazza, una volta a casa, si sarebbe confidata col fidanzato. E avrebbe chiesto di essere vendicata. Ecco perché il giorno dopo il trentenne, fingendosi acquirente, avrebbe chiesto un appuntamento allo spacciatore, e si sarebbe recato nel luogo di spaccio abituale del pusher; lo avrebbe avvicinato e lo avrebbe aggredito pugnalandolo a morte con un coltello. In base a quanto emerso dall’autopsia ci sono almeno cinque ferite gravi, a torace e schiena; quella mortale è vicino alla parete del cuore. Poi ci sono anche lesioni ai genitali, perchè la giovane lo avrebbe chiesto espressamente al fidanzato.
Fondamentali per la ricostruzione dei fatti sono state, oltre a procedure investigative di carattere tecnico, alcune testimonianze raccolte da persone che hanno incontrato per strada l’accoltellatore mentre si allontanava frettolosamente dal luogo del delitto diretto verso la propria abitazione, in bicicletta.
Il trentaquattrenne ha sì ammesso di aver avuto una lite con Charaf per la violenza subita dalla fidanzata, e di aver alzato le mani, ma nega l’accoltellamento.