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“Giovani, lavoro e futuro”: da Confartigianato un questionario rivolto agli studenti

Circa 200 fra scuole secondarie di primo e secondo grado e centri di formazione professionali coinvolti nell'iniziativa: «Occorre sviluppare nuovamente la cultura del lavoro manuale e valutare quale che sono le richieste del mercato»

Promossa da Confartigianato Imprese Piemonte Orientale torna “Giovani, lavoro e futuro”, un’iniziativa – già condotta nel 2016 – rivolta agli studenti delle province di Novara, Vercelli e Vco. Già partita nelle scorse settimane, è stata presentata questa mattina, giovedì 14 marzo, dai vertici dell’organizzazione di categoria.

«Abbiamo chiesto ai giovani – ha detto il presidente di Confartigianato Michele Giovanardi – come immaginano la loro vita fra dieci anni. Cosa si può fare ora per aiutarli nel percorso ma anche sapere da loro una diretta indicazione, spunti e suggerimenti per l’orientamento scolastico. In più è stata posta una terza domanda relativa a come hanno vissuto il periodo del Covid».

«Da sempre – ha ricordato – dedichiamo tempo e risorse in un’attività fondamentale, in grado magari di non dare frutti nell’immediato ma a medio termine, ma quello dell’orientamento scolastico è imprescindibile per noi. Uno spazio importante, che avrà un giusto spazio anche in occasione della “Settimana del sociale” in programma nel prossimo mese di novembre». Il “grido di allarme” rimane quello di trovare «manodopera specializzata, in grado di corrispondere all’offerta da parte delle nostre aziende, che a livello nazionale si trovano per il 45% con la mancanza di personale qualificato per le loro collocazioni, dato che aumenta ancora di più nel settore dell’artigianato».

Il direttore Amleto Impaloni ha voluto aggiungere, per sua stessa ammissione, qualcosa di provocatorio: «Una raccomandazione che vogliamo fare ai dirigenti scolastici, soprattutto quelli delle superiori, è quella di non avere timore a relazionarsi con il mondo del lavoro. Un messaggio che vorrei prevalentemente “restituire” ai licei, che in questo momento sembrano particolarmente distanti da quelle che sono le esigenze reali. Abbiamo rilevato delle carenze di professionalità in diversi settori (impiantistica, informativa, edilizia, automotive fra gli altri), sui quali non si deve pensare solo ed esclusivamente a una figura che esca da una scuola professionale. Potrebbe anche essere un lavoratore che si è adeguatamente formato in un liceo e che nel corso delle sua esperienza scolastica prenda le misure reali con il mondo del lavoro, cosa poco sentita, visto che anche l’appello del Governo sul cosiddetto “Liceo del Made in Italy” non è stato accolto favorevolmente».

Impaloni ha poi illustrato come nel corso degli ultimi anni Confartigianato abbia «realizzato tantissime iniziative su questo tema, lavorando con le scuole superiori che si sono rese disponibili. Un’esperienza personale è stata quella affrontata da Carlotta Tencaioli, collaboratrice della struttura che si occupa di politiche attive del lavoro, sviluppando recentemente anche una serie di azioni con il mondo della scuola (con gli studenti del Ravizza e del Mossotti) per spiegare che cosa si aspettano gli imprenditori una volta che si offrono per avere una propria identità di carattere professionale».

«Durante questi incontri – ha detto Tencaioli – ho avuto modo di spiegare agli studenti come arrivare nel miglior modo possibile nel mondo del lavoro, perché molti appaiono un po’ scoraggiati e disinformati su quella che sarà la loro futura esperienza. Noi abbiamo offerto informazioni su come affrontare un colloqui di lavoro, come comportarsi e cosa evitare. Dagli imprenditori abbiamo capito che non sono importanti solo informazioni riguardanti il percorso scolastico, ma anche le competenze e capacità personali, comprese l tipologie di contratto».

E ancora: «Dai dati è emerso che due ragazzi su tre hanno il timore di diventare “Neet”, termine con il quale si indicano quelle persone che né studiano né lavorano. Questo perché abbiamo capito che quello che manca non è tanto l’aspirazione ma la conoscenza. Ci sono tante alternative agli studi universitari, che consentono la formazione di professionalità altrettanti importanti».

Per Giovanardi e Impaloni «occorre sviluppare nuovamente la cultura del lavoro manuale, cosa che non deve essere considerato degradante. I lavori artigiani sono tutt’altro rispetto a cinquant’anni fa. Abbiamo bisogno di competenze molto alte. Dobbiamo cercare di riportare la cultura del saper fare come possibilità concreta di lavoro; e dobbiamo prepararci anche al futuro, perché diverse attività nei prossimi cinque – dieci anni potrebbero essere sostituite dall’intelligenza artificiale. Se oggi non ci mettiamo nella condizione di avere delle previsioni su come potremo occupare e ricostruire le professionalità rischieremo di trovarci in una situazione di emergenza sociale davvero importante».

Non esiste una data di scadenza immediata per i questionari, anche se indicativamente come periodo conclusivo è stato ipotizzato quello della conclusione dell’anno scolastico. I primi risultati, elaborati sulla base di circa trecento risposte, sono stati definiti significativi: «Prevalentemente ci rispondono i ragazzi delle scuole professionali e i periti commerciali, non chi frequenta il liceo, forse perché questo genere di informazioni non viene neppure veicolata».

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Luca Mattioli

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