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Quest’anno l’Italia celebra un anniversario importante: i 75 anni dall’entrata in vigore della Costituzione. Una Carta che parla di libertà, dignità e democrazia e lo fa in modo rivoluzionario dando un calcio secco all’oppressione che aveva caratterizzato il periodo fascista.

La nostra Costituzione è una garanzia per tutti noi che abbiamo il diritto e il dovere di beneficiare dei suoi principi. Perchè possiamo avere idee diverse e pensieri diversi, ma su una cosa non possiamo permetterci di essere divisi: e cioè essere consapevoli che la nostra Costituzione ci garantisce di vivere liberi e indipendenti, e questo è un privilegio, non è un diritto acquisito di cui ci possiamo anche dimenticare.

L’articolo 11 dice che «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». I nostri padri e le nostre madri costituenti hanno voluto usare il verbo «ripudiare» non a caso, ma proprio per dare un segno allo sdegno e al rifiuto verso un’aggressione contro altri popoli e per sottolineare quanto la pace sia posta come bene supremo.

L’articolo 21, invece, recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Un articolo fondamentale dell’ordinamento italiano, tanto da non poter essere sottoposto a revisione.

La nostra Costituzione, lo ripeto, è una garanzia per tutti noi e ci libera dall’obbligo di avere paura. Quella che invece il popolo ucraino è costretto a provare ogni giorno, ogni singola ora del giorno e della notte, per colpa di una guerra che è volontà di uno solo.

È vero, questo è il racconto di una parte del mondo, ma è un racconto che ci riguarda tutti e non solo perché questo conflitto è vicino a casa nostra invece che dall’altra parte del mondo. Perchè è il racconto del prezzo che ha una scelta: la rinuncia a qualcosa o il rifiuto di qualcosa. E quello del popolo ucraino è il rifiuto a sottomettersi alla violenza. Ed è il racconto della fatica che costa la libertà. E della paura che prima o poi quella libertà nonostante la fatica e il rifiuto si riveli insufficiente.

Quando partecipiamo a una commemorazione, lo facciamo perchè una determinata cosa non succeda mai più. E quando diciamo mai più, noi che viviamo in pace da anni spesso senza nemmeno rendercene conto, tendiamo a pensare: sempre le solite parole che vengono dette, sempre le solite frasi. Perchè le “nostre” guerre sono lontane nel tempo, noi non le abbiamo vissute, le abbiamo solo sentite raccontare. Invece sono proprio quelle le parole attraverso le quali possiamo parlare chiaro senza esitazione.

Siamo noi il nostro cammino: il futuro non è ancora scritto, ma possiamo scriverlo noi con le nostre azioni e i nostri principi. Lo dobbiamo fare nel presente senza dimenticare il passato.

La Costituzione è la strada, tocca a noi percorrerla inseguendo la verità come dono e come privilegio, affinché quello di oggi sia davvero un inno alla libertà.

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Cecilia Colli

Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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