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Registrava ditte fasulle per regolarizzare immigrati: titolare di Caf per stranieri condannato a 2 anni

Un sistema per il quale M.B., cinquantenne di origine tunisina da anni in Italia, titolare di un’agenzia di pratiche amministrative per stranieri in corso Trieste, è stato condannato

Aveva registrato ditte individuali allo scopo di dimostrare la presenza di reddito e volume d’affari necessari per ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, anche grazie alla collaborazione di professionisti che avrebbero certificato bilanci e fatture in realtà inesistenti, false, spesso create ad hoc. Un sistema illecito che nella città di Novara, nel 2018 ma forse anche prima, aveva consentito a diversi immigrati di aggirare le norme sull’immigrazione, traendo in inganno la pubblica amministrazione.

Un sistema per il quale M.B., cinquantenne di origine tunisina da anni in Italia, titolare di un’agenzia di pratiche amministrative per stranieri in corso Trieste, è stato condannato in tribunale a 2 anni di reclusione, come chiesto dal pubblico ministero. Il giudice ha dichiarato prescritti i fatti precedenti al luglio 2016 e ha assolto l’imputato da una delle contestazioni. Il suo legale, invece, aveva chiesto l’assoluzione sostenendo che si trattava di pochissime pratiche rispetto alle 500 gestite dal Caf, quindi frutto di possibili errori o comunque di un inganno pensato dai diretti interessati, non dal professionista che curava i loro interessi fornendo semplicemente assistenza a persone in difficoltà con la lingua e le procedure del nostro paese.

Tutto è partito cinque anni fa grazie alla segnalazione di una ex dipendente dell’imputato. La polizia, indagando, aveva verificato che alcune delle richieste di permesso di soggiorno avevano come comun denominatore la stessa agenzia di pratiche per stranieri. Un particolare sospetto che era stato approfondito. Si era così scoperto che nessuno dei richiedenti aveva in realtà un’attività lavorativa, per lo più indicata come ditta con partita Iva per lavoro autonomo nel settore del volantinaggio o dell’abbigliamento, e che nessuno aveva i requisiti per ottenere il documento di soggiorno».

Il giro d’affari (almeno quello scoperto) era stato stimato in circa 15 mila euro: lo straniero pagava all’agenzia circa 250-300 euro. Secondo l’accusa era il tunisino di Sant’Agabio a fare da catalizzatore a tutte le richieste.

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