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Il manifesto di Paul Balke

Dalla rubrica Allapante

Paul Balke è un noto giornalista olandese operante da decenni fra Piemonte, Campania e nord Adriatico. Da alcuni anni si fa produrre dei vini a suo marchio che lui progetta assemblando vini di ogni parte d’Europa, partendo dal Piemonte. La sua non è solo un’operazione commerciale, ma soprattutto culturale. 

Così è stato anche martedì 11 luglio quando ha presentato i suoi primi quattro vini a Milano, presso il ristorante Konnubio, a sua volta espressione di una cultura “blend”, con una cuoca ucraina, Kateryna Gryniukh, che fa una cucina di ispirazione campana. Davvero originale. I quattro vini: un bianco goriska brda del 2015 davvero interessante prodotto nel Collio Sloveno con sauvignonasse, rebula, pinot blanc e pinot gris; un profumato collio bianco doc riserva del 2019 a base di pinot blanc, friulano, sauvignon blanc, malvasia e ribolla gialla; un puglia igt rosso 2021 in divenire, da negroamaro, primitivo, uva di troia, susumaniello e malvasia nera; ed infine un tipico rosso piemonte doc a base nebbiolo, freisa, barbera e croatina. La degustazione era accompagnata dalle spiegazioni dei quattro produttori coinvolti nel progetto di Balke. Annunciati altri due blend: un vino campano ed uno spumante metodo classico, probabilmente dall’est Europa, Ucraina compresa. Ma su questo Balke non si è troppo sbilanciato.

La Degustazione è stata anche l’occasione per diffondere il Manifesto di Paul Balke sui vini assemblati. Si legge sul Manifesto che “Molti dei miglior vini del Mondo sono assemblati. Vini assemblati (di varie uve) sono: Rioja, Bordeaux, Champagne, Languedoc-Roussillon, Rodano, Chianti, Douro. Un motivo c’è: i produttori hanno capito che un blend offre la possibilità di creare un vino più equilibrato e più complesso. Un buon vino ha bisogno di acidità, colori, tannini, aromi, eleganza, corpo e un gusto molto raffinato”. Nulla da criticare ai vini monovitigno “trovo Barolo, Taurasi e Brunello l’élite italiana”, però “sembra che in Italia dopo la Filossera il potenziale dei vini in blend sia stato dimenticato (quasi). In Francia, questo è diverso: molti dei vini più importanti sono blend e questo aspetto dimostra che hanno continuato le tradizioni più antiche di prima della fillossera, anche se hanno costantemente migliorato e modificato gli stili di vinificazione. Questa tradizione di assemblaggio dei vini può essere di grande valore per l’Italia ed è importante che i produttori considerino le possibilità. Perché offre la possibilità di creare grandi vini con varietà locali e autoctone italiane. In realtà sono convinto che ci sia un enorme potenziale che non è ancora sviluppato”.

Un potenziale, si legge nel Manifesto, che potrebbe aiutare le produzioni delle regioni vitivinicole “Il mio Piemonte DOC rosso -si legge- è un blend di uve originarie delle Langhe e del Monferrato. Questo concetto non è comune ma può essere un grande vino. E le varietà Freisa e Croatina danno un contributo importante a questo blend anche se sono considerate di scarso interesse da molti produttori piemontesi. In breve: un blend può essere un’ottima idea per molte regioni vinicole”.

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Riccardo Milan

Riccardo Milan

Riccardo Milan è professore, giornalista e blogger. Lavora alla scuola alberghiera di Stresa ed è pubblicista dal 1999. Da meno, è blogger con Allappante.it. Si è occupato per anni di cultura materiale, studente, scrittore e docente: vino, birra, gastronomia, cucina per lo più tipica, storia delle tradizioni. Sommelier ed idrosommelier per diletto. Vive sul Lago d’Orta.

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