Fino agli ‘50, nonostante la Costituzione repubblicana approvata nel 1946, non era scontato che i dipendenti pubblici potessero manifestare contro le amministrazioni da cui dipendevano. C’era la concezione che il dipendente pubblico non lavorasse solo per lo Stato ma che lo rappresentasse in tutto e per tutto e quindi protestare contro lo Stato sarebbe stato inconcepibile, confondendo lo Stato stesso con il governo pro tempore e con le decisioni dei suoi dirigenti.
Il primo regolamento che ammetteva le libertà sindacali per i ferrovieri – allora statali mentre oggi Trenitalia è una Spa – è del 1958 emanato dall’allora ministro dei Trasporti Oscar Luigi Scalfaro. Sempre lui che negli anni ‘80 volle un accordo per le libertà sindacali per gli agenti della Polizia di Stato, smilitarizzati da poco e fino allora punibili in caso di poteste anche con il carcere militare.
Anche quando nel 1970 fu approvato lo Statuto dei lavoratori che proibiva le punizioni per i lavoratori privati che manifestavano contro le loro aziende, non fu scontato e immediato che si applicasse anche agli statali.
La contestazione disciplinare comunicata dall’Asl di Vercelli ai lavoratori dell’ospedale di Borgosesia – perché hanno manifestato pubblicamente e pacificamente contro la chiusura del Punto nascite – ci riporta indietro di almeno sessant’anni, proprio per quei lavoratori additati come esempio di spirito civico durante la recente pandemia Covid.
Il fatto poi che da una parte il centro destra, che amministra la sanità piemontese da anni, si vanti di difendere la libertà di no vax anche medici e sanitari e poi avvalli silenziosamente queste minacce di sanzioni come un fatto tecnico – mentre si tratta di un grave fatto politico – ci dice molto sulla coerenza e serietà di certe posizioni politiche.