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Irrompe alla messa di San Gaudenzio per raggiungere il vescovo, fermato dalla Polizia

L'episodio questa mattina in Basilica dutante la solenne funzione eucaristica della Patronale. Un fatto che in qualche modo si collega al tema scelto quest'anno da monsignor Brambilla nel messaggio – omelia dedicato alla città e incentrato sulla figura di Gesù, la Chiesa e in poveri

Un giovane immigrato ha cercato di raggiungere il vescovo prima di essere bloccato dagli agenti di polizia. L’episodio è accaduto questa mattina in Basilica mentre era in corso la solenne funzione eucaristica di San Gaudenzio. Uno dei momenti di silenzio durante i primi momenti della messa è stato improvvisamente rotto dalle grida di un ragazzo che prima si è divincolato e poi ha cercato di raggiungere la zona dell’altare. Il giovane, di nazionalità pakistana, ha fatto in tempo a chiedere “aiuto” in inglese e in spagnolo prima di essere bloccato dai fedeli a lui vicini e dalle forze dell’ordine in servizio. Portato immediatamente in Questura, dalle prime notizie trapelate sembrerebbe giunto da pochissimo in città e avrebbe passato l’ultima notte all’aperto. E’ stato questo il momento che in qualche modo ha “rotto” i tradizionali riti del 22 gennaio, dal corteo civico all’omaggio del fiore, ma che è stato richiamato più volte dal vescovo nella sua omelia – messaggio alla città, quest’anno proprio incentrata sulla figura di Gesù, la Chiesa e i poveri, con la forte richiesta di «dare un’anima al volontariato».


Su quest’episodio monsignor Brambilla è ritornato nel suo altrettanto tradizionale incontro con i giornalisti dopo la conclusione della funzione: «Si tratta di un esempio di come l’aiuto ai poveri e alle situazioni di disagio non sia facile – ha detto il vescovo – E’ un sintomo interessante di quello che sia la relazione d’aiuto, che pensiamo di risolvere unicamente come una risposta al bisogno. A questo dobbiamo comportarci trattando i bisognosi con dignità, liberando la persona, per metterla in condizione, in un secondo momento, di aiutare a sua volta gli altri, stabilendo una circolarità».


Una seconda riflessione ha trattato invece «le nostre strutture, i nostri stili, che devono mettere in discussione il nostro tipo di vita, mentre la terza, quella che ritengo sia la più importante, riguarda una mia preoccupazione sull’impoverimento del volontariato gratuito. Il “terzo settore” ha avuto bisogno di essere inquadrato dal punto di vista normativo, però corre il rischio che l’aiuto senza nessun tipo di compenso sia compresso. Non bisogna diventare professionisti della carità, ma continuate a coltivare questa passione dentro ognuno di noi». E sul fatto che, dai risultati di un’indagine condotta a Novara e che rivela come l’accesso dei giovani al volontariato sia ancora molto basso, monsignor Brambilla ha insistito sul fatto che «si debba correggere la curvatura più evidente del volontariato in tutte le sue forme».

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Luca Mattioli

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