Il suono della campanella dell’ultimo giorno di scuola si è appena spento. Per tutta l’estate l’umanità inquieta e mutevole dei nostri allievi non abiterà le aule scolastiche.

Dovremo attendere qualche mese per ritrovarle brulicanti di vita, leggerezza, autenticità, emozioni e sentimenti, nella convinzione che, nonostante fatica, ansie, affanni e abbandoni, quello di noi insegnanti rimane l’impegno meno inutile, il più dotato di senso.

Può essere il luogo della leggerezza, l’area

del fiato umano autentico, l’aula

del quotidiano incontro

che nel confronto ti assorbe,

genera cuore e sostanza,

dà pensiero.

Mille volti ridenti o inquieti,

sereni o trepidanti, mutevoli sempre,

mi passano davanti agli occhi

e la parola saltella, si rigermina

viva nel possibile aperto dell’età.

E’ stato il gioco più strepitoso e limpido,

l’impegno meno vano e il più sensibile.

E’ stata una lunga stagione appassionata:

è stata una fortuna.

Maurizio Cucchi, ‘Aula’, in ‘Vite pulviscolari’, 2009.

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Il suono della campanella dell’ultimo giorno di scuola si è appena spento. Per tutta l’estate l’umanità inquieta e mutevole dei nostri allievi non abiterà le aule scolastiche.

Dovremo attendere qualche mese per ritrovarle brulicanti di vita, leggerezza, autenticità, emozioni e sentimenti, nella convinzione che, nonostante fatica, ansie, affanni e abbandoni, quello di noi insegnanti rimane l’impegno meno inutile, il più dotato di senso.

Può essere il luogo della leggerezza, l’area

del fiato umano autentico, l’aula

del quotidiano incontro

che nel confronto ti assorbe,

genera cuore e sostanza,

dà pensiero.

Mille volti ridenti o inquieti,

sereni o trepidanti, mutevoli sempre,

mi passano davanti agli occhi

e la parola saltella, si rigermina

viva nel possibile aperto dell’età.

E’ stato il gioco più strepitoso e limpido,

l’impegno meno vano e il più sensibile.

E’ stata una lunga stagione appassionata:

è stata una fortuna.

Maurizio Cucchi, ‘Aula’, in ‘Vite pulviscolari’, 2009.

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