Prodotto in 19 comuni della riva sinistra del Tanaro, le sue origini sono molto antiche e come diverse altre denominazioni ha vissuto negli ultimi anni una notevole crescita consensi in Italia e all'estero
Piemonte, terra di vini rossi pregiati, ma anche di bianchi di un certo spessore. Dell’Erbaluce di Caluso abbiamo già avuto modo di parlare, ma in questa tappa del nostro itinerario vogliamo soffermarci sul Roero Arneis. Forte del riconoscimento di Docg ottenuto nel 2004, si tratta di un vino che nella sua denominazione abbina il vitigno di produzione – l’Arneis appunto, utilizzato in purezza o almeno al 95% come minimo, mentre per il restante 5% si può ricorrere a vitigni a bacca bianca non aromatici piemontesi – a quello della regione geografica e storica della provincia di Cuneo situata nella parte nord occidentale della stessa, poco meno di 420 chilometri quadrati lungo la sinistra idrografica del fiume Tanaro, le cui acque la dividono dalle Langhe.
E se il Roero prende il nome dall’omonima famiglia feudale che resse il territorio per secoli a partire dal Medioevo e che dal 2014 è stato riconosciuto insieme alle Langhe e al Monferrato come “Patrimonio dell’umanità” dall’Unesco, Arneis pare che abbia origine dal vernacolo locale con il quale veniva associato a una persona estroversa, un po’ ribelle, e all’antico vitigno “Arneiso” (oppure “Reneiso”) originario nei pressi della località di Canale.
Rispetto al bacino geografico, la produzione di questo vino – del quale è molto apprezzata anche la versione “riserva” – è consentita unicamente in 19 comuni. Come diverse altre tipologie anche questo vino ha vissuto negli ultimi anni un particolare fermento, ottenendo un particolare apprezzamento in Italia come all’estero. Successo cresciuto esponenzialmente così come la sua produzione, che oggi ha raggiunto i sei milioni di bottiglie l’anno.
Con una gradazione alcolica considerata “importante” (dai 12,5 ai 24°), dal caratteristico colore paglierino più o meno intenso e dai riflessi leggermente ambrati, gli esperti enogastronomici ne consigliano l’abbinamento con formaggi stagionati, così come a piatti a base di carni bianche e pesce non troppo saporiti, locali e non, ma anche a un primo come i ravioli ricotta e spinaci. Per la sua particolare freschezza può inoltre accompagnarsi anche ad aperitivi e antipasti.
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