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In Italia non è mai esistito un salario minimo legale, cioè fissato per legge con sanzioni per i datori di lavoro che non dovessero rispettarlo, come invece esiste negli USA e in molti Paesi europei e come vuole introdurre la Ue con un’apposita direttiva europea. 

Esiste però L’art. 36 della Costituzione che così recita: Art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita’ e qualita’ del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se’ e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa e’ stabilita dalla legge.”.

Mentre per l’orario esistono dei limiti legali , che penalizzano l’eccesso di straordinari e il diritto per il riposo festivo e le sue compensazioni ed è regolamentato per legge anche il part-time verticale e orizzontale, le ferie, i permessi familiari, per lo studio e sindacali, esiste l’assegno unico per la famiglia, regole per la maternità e la paternità con congedi ad hoc, per quanto riguarda l’aspetto retributivo non esistono obblighi di legge che invece regolano il salario differito come il TFR, i contributi previdenziali obbligatori ed integrativi. 

Anche il diritto di sciopero nei servizi pubblici, sia gestiti direttamente dallo Stato che da privati, è stato regolamentato per legge, solo alla fine degli anni ‘80, come era previsto fin dagli inizi in Costituzione, dopo alcuni casi di grave abuso da parte di sindacati autonomi in alcuni settori nevralgici.

È un vuoto legislativo quello sui salari  perché in Italia si è puntato moltissimo, almeno per un lungo periodo storico sulla contrattazione collettiva nazionale e aziendale, questo ha portato all’introduzione di nuovi diritti, pensiamo alla parità salariale uomo-donna ma anche molti diritti poi recepiti dalle leggi, pensiamo al diritto di assemblea o alle bacheche sindacali o alla stessa bacheca elettronica per i telelavoratori ma anche lo Smart Working e molte regole sulla sicurezza del lavoro sono nati grazie alle lotte sindacali e da accordi collettivi e contratti fra le parti.

Oggi però la contrattazione Collettiva è in crisi: in crisi anche la capacità di organizzare i lavoratori da parte dei sindacati, la loro divisione e la nascita di organizzazioni sindacali a volte anche di comodo cioè promosse da datori di lavoro per fare contratti con paghe particolarmente basse, la nascita di nuove forme di lavoro, pensiamo ai rider che fanno le consegne di cibo a domicilio, che sfuggono alla tutela sindacale e contrattuale e sono occasione di sfruttamento e mancanza di diritti. Le paghe dei lavoratori italiani non sono mai state così basse ed esistono diversi milioni di lavoratori cosiddetti poveri perché il loro reddito rimane sotto la soglia di povertà. 

Urge quindi una legge sul minimo salariale che stabilisca per legge un minimo all’ora, anche se sarebbe bene che venisse contrattato fra governo e parti sociali, potrebbero essere gli stessi minimi dei contratti maggiormente rappresentativi di un settore,  ma poi reso obbligatorio mentre oggi i contratti valgono solo per i lavoratori delle aziende, piccole o grandi che fanno parte di un’associazione imprenditoriale che ha voluto sottoscrivere un contratto. 

Certo questo rischia di disincentivare la contrattazione e la stessa sindacalizzazione. 

Si dovranno allora trovare forme di incentivo per l’iscrizione e la partecipazione ai sindacati : pensiamo che un lavoratore iscritto al sindacato paga circa l’1% del salario mensile lordo al suo sindacato ma non può detrarlo dalle tasse come invece si possono detrarre le Donazioni alle associazioni di volontariato e ai partiti politici. Anche le aziende che ricevono contributi e fondi pubblici dovranno essere vincolate alla sottoscrizione dei contratti collettivi. 

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Pier Luigi Tolardo

Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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