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«Non esistono disegni brutti. Recuperare un atteggiamento libero è una terapia»

«Non si possono sgridare le persone perchè hanno un brutto segno. Esistono disegni belli, ma non esistono disegni brutti perchè comunque raccontano qualcosa in qualunque modo vengano fatti. Trovo più interessanti, ad esempio, i disegni dei malati psichiatrici piuttosto che di artisti accademici che sono molto più freddi dal punto di vista dei contenuti».

Lui è Guido Scarabottolo, disegnatore di fama internazionale. Ha illustrato le pagine di libri come Pinocchio, “Il diario di Eva” di Mark Twain” o “La prima fra è sempre la più difficile” del premio Nobel Wisława Szymborska. Attualmente i suoi disegni compaiono su Internazionale, Il Sole 24 Ore, sul New Yorker e il New York Times.

Questa mattina, sabato 19 settembre, sarà all’Arengo del Broletto per aprire la prima giornata di laboratori di Scarabocchi, il festival promosso dal Circolo dei lettori e Doppiozero. Alle 11 si dedicherà agli adulti, mentre alle 16 ai bambini. «Prima con gli adulti altrimenti copiano – racconta sorridendo – che dovranno disegnare il corpo in cui vorrebbero trovarsi. Tutti potranno esprimersi come saranno capaci di farlo, senza regole. Il disegno, infatti, dà continue informazioni su chi l’ha prodotto: il livello culturale, il grado di salute mentale, l’umore del momento, l’atmosfera. È ovvio che, se non siamo professionisti, con il disegno siamo tutti un po’ imbarazzati perchè come per la musica, ce l’hanno fatto abbandonare con la scuola. È necessario, invece, recuperare un atteggiamento libero come quello dei bambini che non hanno sovrastrutture mentali: se si riesce, funziona come una terapia».

 

 

Scarabottolo racconta poi come nella storia anche i più grandi maestri adottassero tecniche convenzionali come la tecnica di ricalcare: «I grandi pittori europei a aprtire dal 1400 ricalcano figure trasmesse da artifici ottici come la camera oscura; così faceva Canaletto, Michelangelo o i pittori fiamminghi che erano anche degli ottimi costruttori di lenti sofisticate. Ricalcare, dunque, non è una tecnica da demonizzare, anzi. Quando si inizia a disegnare è una disciplina ammissibile che ti permette di imparare a osservare. Ricalcare la propria immagine allo specchio con una matita da trucco, ad esempio, è un metodo per farsi un selfie manuale molto divertente. È sorprendente poi mettere trenta persone in una stanza facendo ricalcare loro la stessa immagine e vedere come ne vengano fuori trenta disegni diversi».

Anche sulle tecniche Scarbottolo lascia spazio alla fantasia: «Durante il lockdown tenevo un seminario all’università di Bolzano – racconta – però i colorifici erano chiusi e gli studenti non avevano a disposizione materiale ordinario. Allora si sono ingegnati con quello che avevano a casa: legni triturati, piume, rami legati con lo spago, una tappo bruciato; una ragazza addirittura ha disegnato con dei carciofini sott’olio, una forchetta e della salsa di soia». Secondo Scarabottolo «anche mettere un dito nella sabbia e tracciare dei segni è disegnare. E poi gran parte del lavoro viene fatto anche da chi osserva perchè lo fa con codici suoi che sono diversi dai miei».

 

[ph Nicola Boccaccini]

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Cecilia Colli

Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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