Dalle parole alla musica: il viaggio del Novara Jazz tra Olanda, Monk e paesaggi sonori

Il festival prosegue con il secondo fine settimana di appuntamenti

Il Novara Jazz Festival si è aperto non con la musica ma con le parole, quelle preziose di Marcello Lorrai, che ricostruisce la storia del jazz olandese dalle origini ai giorni nostri. Il focus sul jazz dei Paesi Bassi è, infatti, il filo conduttore del festival di quest’anno, curato dal direttore artistico Corrado Beldì e con alcune produzioni curate da Enrico Bettinello di We Start- Centro Produzione Musica Piemonte Orientale.

Alla Galleria Giannoni nel cuore della città Lorrai, in poco più di un’ora, ricostruisce le fasi che hanno portato il jazz olandese al centro della scena europea, a causa di una serie di circostanze storiche, ma anche geografiche, come l’estrema vicinanza dell’Olanda alla Gran Bretagna e la ridotta estensione del suo territorio, facendo sì che l’incontro tra musicisti e gruppi fosse, sin dall’inizio, estremamente facilitato. Naturalmente non si tratta solo di questo, ma anche, per esempio, di casualità, come l’incontro di Will Marion Cook, approdato come studente alla corte di Antonin Dvorák, e il successivo l’incontro con Sidney Bechet che nel 1919 si si trovava a suonare ad Amsterdam. Chissà cosa avrebbe pensato Thelonius Monk ascoltando le proprie composizioni, in una landa della pianura padana all’interno di una chiesa cluniacense sconsacrata, suonate al violino da un musicista greco che vive ad Amsterdam? Sarebbe lungo, anche solo riassumere l’intera conferenza di Lorrai, ma certamente è emersa pienamente la ricchezza musicale di un paese la cui estensione è inversamente proporzionale all’importanza del jazz che ha prodotto.

La vera parte musicale del Festival incomincia il sabato con George Dumitriu, polistrumentista a cavallo tra jazz, contemporanea, ricerca e improvvisazione e il suo prezioso concerto in solo, dedicato a Thelonius Monk, presso la chiesa sconsacrata di San Pietro a Carpignano Sesia. Quel che è curioso è che brani, spesso volutamente ironici, divertenti e divertiti, nelle mani di Dumitriu sembrano diventare canoni classici di una musica quanto mai seria se non seriosa. Dumitriu però sceglie di incominciare da un brano dedicato da Monk alla adorata moglie Nellie con note malinconiche e nostalgiche più che evidenti. Molto più pianistica l’interpretazione di Dumitriu quando usa la viola solo col pizzicato e quando indugia a giocare con la cassa armonica dello strumento, come Monk amava giocare amabilmente con la tastiera del suo piano. Un bel concerto che come da tradizione inizia tra “le terre e le acque” della campagna novarese (un territorio che scrisse qualcuno si estende “dal riso al Rosa”).

La giornata prosegue con un itinerario sulle orma di Alessandro Antonelli, nei luoghi che hanno visto l’operare del grande architetto neoclassico piemontese (il Festival ormai vive in simbiosi con tante iniziative da Jazz Kids a visite a luoghi di particolare pregio artistico). Appunto a Villa Antonelli di Maggiora il trio Doronzo/Moor/Kyriakides con il progetto “Futuro ancestrale” e alla sera “Raw Fish”. Nella mattinata di domenica il duo Lorenzo Simoni (tromba e al flicorno) e Iacopo Teolis (sax alto), sotto la volta della Sala della musica di Villa Picchetta nel cuore del Parco del Ticino, presentano una serie di brevi composizioni tutte giocate sul fraseggio dei due strumenti. Uno di fronte all’altro, come in una sfida dialogante, i suoni cristallini e profondi avvolgono il folto pubblico presente: decisamente adatta questa sala ottagonale sormontata da una lanterna per i suoni dei due strumenti che sembrano percorrere le pareti istoriate con putti e figure in relazione a temi musicali. Gli echi del sax, del flicorno e della tromba si disegnano nell’ampio spazio della sala e sembrano non volerlo lasciare fino al risuonare dell’ultimo armonico.

Di straordinaria intensità il brano conclusivo del concerto dedicato al pittore astrattista Mark Rothko. Ancora una residenza di pregio per il concerto del tardo pomeriggio che chiude il primo weekend di Novara Jazz, ovvero “Alessandro Fongaro’s Pietre” con Alessandro Fongaro (contrabbasso), Nicolò Ricci, Jesse Schilderink (sax tenore e baritono), Giovanni Jacovella (batteria) che suonano nel lussureggiante giardino del Castello di Cavagliano alle porte della città. Un jazz vibrante e con echi melodici ben riconoscibili nei pezzi, pur nella sostanziale libertà delle composizioni: intensi i fraseggi che il sax di Niccolò Ricci intrattiene con quello di Jesse Schilderink. Il gruppo esegue brani nuovi e nuovissimi, alcuni dei quali contenuti nell’ultimo CD, “Pietre” appunto.

Molto interessante il rapporto che Alessandro Fongaro vuole mantenere con la tradizione musicale italiana, sia evocando brani dei grandi cantautori italiani, sia con riferimenti alla tradizione classica. Di particolare fascino il brano “dedicato” al lavoro del leggendario regista cileno Alejandro Jodorowsky. Il jazz, soprattutto quello contemporaneo non può fare a meno di ancorare, per così dire, le sue composizioni a riferimenti certi della cultura, una sorta di omaggio costante alle altre ed alte forme della creatività. Ora non c’è che da aspettare il prossimo weekend “cittadino” che inizia sotto i migliori auspici, giovedì sera, col concerto di pianoforte Tania Giannouli.

Il Novarajazz prosegue questo fine settimana con nuovi concerti fino a domenica sera.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Dalle parole alla musica: il viaggio del Novara Jazz tra Olanda, Monk e paesaggi sonori

Il festival prosegue con il secondo fine settimana di appuntamenti

Il Novara Jazz Festival si è aperto non con la musica ma con le parole, quelle preziose di Marcello Lorrai, che ricostruisce la storia del jazz olandese dalle origini ai giorni nostri. Il focus sul jazz dei Paesi Bassi è, infatti, il filo conduttore del festival di quest’anno, curato dal direttore artistico Corrado Beldì e con alcune produzioni curate da Enrico Bettinello di We Start- Centro Produzione Musica Piemonte Orientale.

Alla Galleria Giannoni nel cuore della città Lorrai, in poco più di un’ora, ricostruisce le fasi che hanno portato il jazz olandese al centro della scena europea, a causa di una serie di circostanze storiche, ma anche geografiche, come l’estrema vicinanza dell’Olanda alla Gran Bretagna e la ridotta estensione del suo territorio, facendo sì che l’incontro tra musicisti e gruppi fosse, sin dall’inizio, estremamente facilitato. Naturalmente non si tratta solo di questo, ma anche, per esempio, di casualità, come l’incontro di Will Marion Cook, approdato come studente alla corte di Antonin Dvorák, e il successivo l’incontro con Sidney Bechet che nel 1919 si si trovava a suonare ad Amsterdam. Chissà cosa avrebbe pensato Thelonius Monk ascoltando le proprie composizioni, in una landa della pianura padana all’interno di una chiesa cluniacense sconsacrata, suonate al violino da un musicista greco che vive ad Amsterdam? Sarebbe lungo, anche solo riassumere l’intera conferenza di Lorrai, ma certamente è emersa pienamente la ricchezza musicale di un paese la cui estensione è inversamente proporzionale all’importanza del jazz che ha prodotto.

La vera parte musicale del Festival incomincia il sabato con George Dumitriu, polistrumentista a cavallo tra jazz, contemporanea, ricerca e improvvisazione e il suo prezioso concerto in solo, dedicato a Thelonius Monk, presso la chiesa sconsacrata di San Pietro a Carpignano Sesia. Quel che è curioso è che brani, spesso volutamente ironici, divertenti e divertiti, nelle mani di Dumitriu sembrano diventare canoni classici di una musica quanto mai seria se non seriosa. Dumitriu però sceglie di incominciare da un brano dedicato da Monk alla adorata moglie Nellie con note malinconiche e nostalgiche più che evidenti. Molto più pianistica l’interpretazione di Dumitriu quando usa la viola solo col pizzicato e quando indugia a giocare con la cassa armonica dello strumento, come Monk amava giocare amabilmente con la tastiera del suo piano. Un bel concerto che come da tradizione inizia tra “le terre e le acque” della campagna novarese (un territorio che scrisse qualcuno si estende “dal riso al Rosa”).

La giornata prosegue con un itinerario sulle orma di Alessandro Antonelli, nei luoghi che hanno visto l’operare del grande architetto neoclassico piemontese (il Festival ormai vive in simbiosi con tante iniziative da Jazz Kids a visite a luoghi di particolare pregio artistico). Appunto a Villa Antonelli di Maggiora il trio Doronzo/Moor/Kyriakides con il progetto “Futuro ancestrale” e alla sera “Raw Fish”. Nella mattinata di domenica il duo Lorenzo Simoni (tromba e al flicorno) e Iacopo Teolis (sax alto), sotto la volta della Sala della musica di Villa Picchetta nel cuore del Parco del Ticino, presentano una serie di brevi composizioni tutte giocate sul fraseggio dei due strumenti. Uno di fronte all’altro, come in una sfida dialogante, i suoni cristallini e profondi avvolgono il folto pubblico presente: decisamente adatta questa sala ottagonale sormontata da una lanterna per i suoni dei due strumenti che sembrano percorrere le pareti istoriate con putti e figure in relazione a temi musicali. Gli echi del sax, del flicorno e della tromba si disegnano nell’ampio spazio della sala e sembrano non volerlo lasciare fino al risuonare dell’ultimo armonico.

Di straordinaria intensità il brano conclusivo del concerto dedicato al pittore astrattista Mark Rothko. Ancora una residenza di pregio per il concerto del tardo pomeriggio che chiude il primo weekend di Novara Jazz, ovvero “Alessandro Fongaro’s Pietre” con Alessandro Fongaro (contrabbasso), Nicolò Ricci, Jesse Schilderink (sax tenore e baritono), Giovanni Jacovella (batteria) che suonano nel lussureggiante giardino del Castello di Cavagliano alle porte della città. Un jazz vibrante e con echi melodici ben riconoscibili nei pezzi, pur nella sostanziale libertà delle composizioni: intensi i fraseggi che il sax di Niccolò Ricci intrattiene con quello di Jesse Schilderink. Il gruppo esegue brani nuovi e nuovissimi, alcuni dei quali contenuti nell’ultimo CD, “Pietre” appunto.

Molto interessante il rapporto che Alessandro Fongaro vuole mantenere con la tradizione musicale italiana, sia evocando brani dei grandi cantautori italiani, sia con riferimenti alla tradizione classica. Di particolare fascino il brano “dedicato” al lavoro del leggendario regista cileno Alejandro Jodorowsky. Il jazz, soprattutto quello contemporaneo non può fare a meno di ancorare, per così dire, le sue composizioni a riferimenti certi della cultura, una sorta di omaggio costante alle altre ed alte forme della creatività. Ora non c’è che da aspettare il prossimo weekend “cittadino” che inizia sotto i migliori auspici, giovedì sera, col concerto di pianoforte Tania Giannouli.

Il Novarajazz prosegue questo fine settimana con nuovi concerti fino a domenica sera.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.