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Un “Giorno del Ricordo” dedicato a quegli esuli che a Novara trovarono casa

La ricorrenza del 10 febbraio celebrata al Villaggio Dalmazia con lo scoprimento di un'immagine del quartiere ripreso dell'alto: «Qui tante persone ebbero un nuovo inizio»

Una grande immagine del Villaggio Dalmazia ripresa dall’alto, con i nomi delle famiglie degli esuli giuliano-dalmati che, una volta completato il quartiere sorto agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso, trovarono una casa “vera” per ricominciare una nuova vita. Così Novara, con lo scoprimento di questa gigantografia nella piazzetta Martiri delle foibe dopo un messa in parrocchia, ha voluto ricordare questa mattina il “Giorno del Ricordo”, anniversario della firma di quel trattato di pace – il 10 febbraio 1947 – con il quale la nuova Italia democratica saldava di fronte alla comunità internazionale le pendenze scatenate dalla guerra mussoliniana. Una pace costata il sacrificio di intere province (Pola, Fiume, Zara), di gran parte di altre (Gorizia e Trieste, che divenne fino al ’54 “Territorio libero) e l’esodo delle autoctone popolazioni italiane, precedute dal massacro di tanti connazionali nelle foibe.


A memoria di questa duplice tragedia nel 2004 il Parlamento istituì il “Giorno del Ricordo”, «non dovuto per legge, che ha contribuito a eliminare una sorte di oblio per quello che è accaduto – così il consigliere regionale Federico Perugini aprendo gli interventi istituzionali – ma è una giornata doverosa nei confronti delle vittime e dei sopravvissuti. Il ricordo di quanto accaduto nelle foibe deve essere un monito contro qualunque conflitto. La Regione ha istituito un comitato dove ogni memoria deve essere tramandata, ricordando quanti lasciarono le loro terre e a Novara trovarono una nuova casa».


Il primo «fatto drammatico – ha detto invece il sindaco Alessandro Canelli – è quello che di questi fatti si è cominciato a parlare dopo più di cinquant’anni di silenzio. Un dramma assoluto che ha colpito un popolo, una parte accolto anche nella nostra città, inizialmente nelle caserme. Ci fu, allora come avvenuto nei mesi scorsi con i profughi ucraini, una grande prova di generosità da parte della comunità novarese. Non fu facile, ma oggi possiamo dire che il processo di integrazione sia riuscito. Gli esuli hanno dato tanto alla nostra città ed è per questo che la comunità novarese li ringrazia per tutto quello che hanno fatto e per quello che stanno continuando a fare».


Sull’istituzione del “Giorno del Ricordo” è tornato il prefetto Francesco Garsia, per il quale la normativa del 2004 «ha colmato un vuoto importante. Credo che nel tempo si sia approfondita molto una tragedia oggi entrata a far parte del patrimonio comune delle ricorrenze, che non è una commemorazione formale, ma molto sentita. Da una parte c’é stato l’orrore delle foibe e dei massacri e poi un esodo indotto, perché i regimi totalitari non riescono a riconoscere la diversità. Che cosa ci insegna questa tragedia? Noi abbiamo un’ancora importante, che sono i principi e i valori della nostra Costituzione: la libertà è purtroppo una conquista che magari diamo per scontata ma che deve essere riconquistata ogni giorno, per cementare un patto di cittadinanza che giunga a ripudiare la guerra e la sopraffazione».


Il presidente della sezione locale dell’associazione Venezia Giulia e Dalmazia, Giorgio De Cerce (lui stesso esule da Zara) ha ringraziato invece «i partecipanti che con la loro presenza perpetuano il ricordo anno dopo anno». «Una rappresentazione grafica – ha descritto il manifesto Emilia Battipaglia della stessa Avgd – per chi è cresciuto al “Villaggio Dalmazia”, che rappresenta un “cuore al quadrato”, per l’affetto che richiama il suo ricordo. Questo quartiere ha avuto il merito di concedere un nuovo inizio a chi aveva perso tutto. Capace di racchiudere la memoria dell’esodo giuliano-dalmata-istriano e di conservare le radici per sempre».

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Luca Mattioli

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