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Sparò verso l’ex cognato, 5 anni e mezzo per tentato omicidio

L'episodio era avvenuto a Trecate nel 2019

Ha sparato con l’intenzione di uccidere l’ex cognato. La Corte d’Appello di Torino ha condannato per tentato omicidio V.V., 39 anni, residente a Trecate, per l’episodio avvenuto l’11 marzo 2019 in via XX Settembre, vicino al cantiere in qui lavorava la vittima. L’imputato, che all’epoca era stato subito rintracciato e arrestato dai carabinieri, ha rimediato 5 anni e mezzo di carcere. I giudici di secondo grado hanno modificato la sentenza emessa due anni fa dal tribunale di Novara per il reato meno grave di tentate lesioni, ritenendo che i colpi di pistola esplosi da V.V. in direzione del famigliare (che si era riparato dietro una cancellata) potessero potenzialmente provocarne la morte. Una circostanza confermata anche da alcuni testimoni e dai consulenti tecnici della procura sulla traiettoria dei proiettili, diretti al volto.

Per la vittima, costituita parte civile, anche una provvisionale di risarcimento da 10 mila euro, ma i danni saranno poi liquidati in sede civile. I difensori dell’imputato, invece, ritenevano che la lite avvenuta quella mattina non avesse nulla a che fare con un tentativo di omicidio, in primis per la mancanza di dolo, ovvero la volontà di provocare la morte, e poi perché a loro modo di vedere i due colpi sparati non erano in direzione di organi vitali. Lo stesso V.V. ha sostituto che passava in via XX Settembre per caso e che non era andato lì per ammazzare il cognato. Voleva chiarire alcuni pregressi problemi famigliari. La pistola, ha ribadito, l’aveva con sé solo perché aveva paura del parente, marito di sua sorella: «Temevo una sua reazione».

In base a quanto ricostruito dai carabinieri, l’aggredito si trovava all’ingresso di un cantiere di Trecate. A un certo punto, da una Porche, era sceso il cognato che, secondo alcuni testimoni, gli aveva sparato a bruciapelo. Le pallottole erano state evitate sia per l’intervento di un suo operaio, che aveva aiutato l’artigiano edile a scansarsi avvisandolo del pericolo, sia perché aveva trovato riparo dietro il cancello. Alla fine aveva rimediato un taglio alla mano, provocato da uno dei vetri andati in frantumi nel corso della sparatoria. Secondo gli investigatori, V.V. era arrivato con una pistola carica e non aveva fatto fuoco solo per intimidire o difendersi.

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