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Vite da guardie giurate: «1.200 euro al mese e pistola a carico nostro»

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Vite da guardie giurate: «1.200 euro al mese e pistola a carico nostro». Ecco la quotidianità dei vigilantes in divisa, che oggi, 24 dicembre, scioperano in tutta Italia con un’astensione proclamata da Cgil, Cisl e Uil, per protestare contro un contratto scaduto da ormai 5 anni (leggi qui l’articolo sulle motivazioni).

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«E’ un lavoro che fai per passione, non certo per lo stipendio – raccontano alcuni operatori, che abbiamo incontrato alla vigilia dello sciopero – La nostra settimana lavorativa è di 40 ore, ma in realtà ne facciamo 48 di norma (6 giorni a 8 ore, più 2 di riposo): solo così, con gli straordinari, si arriva a 1.200 euro al mese e a 1.300 se fai solo il turno di notte. Le associazioni datoriali ora vorrebbero portare a 48 le ore fisse settimanali, così sparirebbero gli straordinari e guadagneremmo meno».

In cosa consiste un turno di notte “tipo”?
«Ognuno di noi ha delle zone specifiche da coprire: ogni notte facciamo circa 200 kilometri, ma c’è anche chi ne fa 300, perché i luoghi da monitorare sono molto distanti fra loro. Abbiamo aziende, capannoni, isole ecologiche e altro: sorvegliamo tutto allo stesso modo, come se fossero gioiellerie. Per noi non importa cosa custodiscono al loro interno».

Il vostro lavoro prevede che interveniate, anche prima delle forze dell’ordine a volte, in luoghi in cui si commettono reati (come è accaduto poche sere fa, leggi qui): perché siete da soli? Non avete paura quando vi trovate, ad esempio, di fronte ai ladri?
«Se avessimo paura faremmo un altro mestiere e infatti ci sono dei nostri colleghi che preferiscono fare lavoro d’ufficio. Si pensi che la nostra indennità di rischio è di 0,75 centesimi di euro l’ora e per chi fa servizio sui furgoni portavalori arriva solo a un euro l’ora – rispondono –Siamo soli sulle nostre auto perché, nonostante le associazioni datoriali in passato avessero in mente di farci operare in coppia, come le forze dell’ordine, la Prefettura ha stabilito che non è necessario, perché la nostra è una zona a basso rischio».

E per non avere paura potete anche contare su una buona formazione?
«Mah, è più che altro una questione caratteriale, la formazione che ci viene offerta non è sempre così efficace – ammettono – Ci sono aziende che mandano i nuovi assunti a fare delle giornate di addestramento e altre che invece ti fanno fare tutto in meno di mezza giornata stando in ufficio… Molto, quindi, dipende da noi. A partire dal fatto che dobbiamo comprarci noi la pistola (la spesa va dai 150 ai 700 euro, dipende dal modello) e pagare di tasca nostra anche l’iter per ottenere il porto d’armi; le aziende ti rimborsano soltanto i rinnovi successivi, che si fanno ogni due anni. La cosa assurda è che se smetti di fare questo lavoro il porto d’armi ti viene annullato, al massimo lo puoi convertire in porto d’armi per uso sportivo. In ogni caso – sottolineano – la pistola non la usiamo praticamente mai, anche perché siamo autorizzati a farlo solo in casi di legittima difesa».

Cosa vi aspettate da questa vigilia di Natale in sciopero e qual è la prima cosa che vorreste veder cambiare nel vostro lavoro?
«Purtroppo la nostra categoria è molto poco considerata e gode di poca visibilità mediatica – rispondono – Speriamo che questo sciopero possa fa smuovere qualcosa».
«Personalmente – aggiunge uno di loro – penso che un giorno di sciopero serva a ben poco, bisognerebbe farlo a oltranza per far capire davvero qual è la nostra utilità. Ma per il tipo di servizio che svolgiamo sarebbe impossibile».

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Elena Ferrara

Nata a Novara, diplomata al liceo scientifico Antonelli, si è poi laureata in Scienze della Comunicazione multimediale all'Università degli studi di Torino. Iscritta all'albo dei giornalisti pubblicisti dal 2006.

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