Casaleggio

Coccia, Ravanelli presenta il percorso di rilancio

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C’è una «strada da percorrere, impegnativa ma chiara» per ridare slancio al Teatro Coccia. L’ha delineata, con la nota visione imprenditoriale, Fabio Ravanelli, da meno di due mesi nuovo presidente della Fondazione Coccia, intervenendo in Commissione consiliare ieri sera, dopo che l’aula si era surriscaldata per la discussione sull’altra fondazione, quella del Castello.

E, invece, il percorso tracciato dall’imprenditore novarese e presidente di Confindustria Piemonte, pur nominato all’incarico per il Coccia da Canelli, ha riscosso «un’apertura di credito e, dopo la fiducia del sindaco, anche la fiducia della minoranza», espressa da Nicola Fonzo e addirittura un entusiastico «lei ci porterà al successo» di Sara Paladini, entrambi del Pd.

Vediamo dunque i punti enunciati da Ravanelli che hanno ottenuto una approvazione unanime, per la quale ha infine ringraziato l’aula «perché così il Coccia è super partes e non divisivo» ma insieme «carica di ulteriore responsabilità e spinge al massimo impegno».

Al primo punto c’è la valutazione di cancellare il rapporto di usufrutto trentennale che lega Comune e Coccia per mutarlo in una concessione d’uso. «Questa – ha spiegato – non necessita di ammortamento che invece la soluzione attuale fa gravare per 480mila euro annui sul bilancio. Ha anche il vantaggio di eliminare il pagamento dell’Imu per altri 40mila euro. Dobbiamo però essere tranquilli e sicuri che si possa iscrivere nello stato patrimoniale».

Inoltre, e qui ha toccato un altro grande tema, «questa sostituzione è strettamente correlata alla revisione dello statuto» e, se si attueranno entrambe le cose,, «la Fondazione, dal punto di vista economico, sarà in sostanziale equilibrio e forse qualcosa in più».

Terzo punto il delicato problema della messa a norma. Oggi il teatro può aprire per una autorizzazione provvisoria, ma «i lavori per 1,2 milioni di euro necessari a ottenere il certificato di prevenzione incendi – ha sottolineato – andranno finiti entro l’autunno di quest’anno, altrimenti la nuova stagione non potrà partire». Inoltre, ha aggiunto, «cinque giorni dopo la nomina sono stato convocato in prefettura e ho appreso che, se non saranno fatti i lavori, ne scaturiranno anche implicazioni personali. Ma non recedo, a meno chee vedo impercorribile la strada tracciata».

Altra grana: «La situazione finanziaria ordinaria sembrerebbe in sostanziale pareggio, ma il problema sono i debiti pregressi, tributari e generali, con i quali siamo tutt’altro che in pareggio» ha affermato il neopresidente. Quindi ha spiegato: «La prosa si regge da sé, ma lirica e balletto sono in sbilancio strutturale, parzialmente coperto dal Fus, il Fondo unico dello spettacolo, dalla Regione e dal Comune, che mi risulta intenda stanziare 50mila euro in più dell’anno scorso».

Vanno quindi trovate altre fonti di finanziamento. «Fondazione CRT ha dato l’ok per un contributo di 150mila euro – ha detto ancora Ravanelli – e abbiamo aperto una interlocuzione con la Compagnia di San Paolo per altri 250mila. Inoltre andremo a ridiscutere il debito residuo di 1 milione con BPM per allungarlo e ottenere rate ridotte di 60/70mila euro l’anno».

«Il tema fondamentale è quello di potenziare il fundraising. Ma il teatro – prime parole garbatamente critiche del presidente – ha perso un po’ di immagine per le note vicissitudini. Sarà importantissimo riprendere a tessere legami con gli imprenditori e spingerli a investire nella cultura e non solo nello sport. Da un lato l’immagine del Coccia è appannata ma è l’unico teatro di tradizione in Piemonte e il più prestigioso dopo il Regio».

Infine Ravanelli ha anche annunciato la volontà di «costituire un Organismo di vigilanza, che sia di controllo e garanzia per un ente che ha rilevanza di tipo pubblicistico. Per farlo mi avvarrò della consulenza di Confindustria Novara Vercelli Valsesia, a titolo gratuito».

Il neopresidente della Fondazione ha anche comunicato di aver «assunto a costo zero due consulenti, il commercialista esperto di aziende in crisi, Massimo Melone, e il ragionier Antonio Salzano, già direttore amministrativo della mia azienda, per coadiuvarci nell’attività amministrativa».

FONDAZIONE CASTELLO, CLIMA TESO

Clima ben diverso nella precedente, lunghissima discussione sulla Fondazione Castello, anzitutto viste le assenze del presidente Massimiliano Atelli e dell’assessore alla cultura Emilio Iodice, per altro giustificate, comunque palesemente non gradite dalla minoranza Pd. E poi per il fatto che sul “bilancio sociale” distribuito ai consiglieri dal segretario generale, l’assessore Moscatelli dichiarasse: «È un documento che io non ho».

Ad illustrare lo stato della Fondazione ha provveduto il vicepresidente Gianluigi Garone, sottolineando come «sono stati ospitati eventi all’insegna del sociale, che producono arricchimento culturale ma generano spese». E ha commentato le cifre riportate nel “bilancio sociale” in cui si evidenziano tre forme di mancati introiti “virtuali” (cioè ipotesi di quanto si sarebbe ricavato realizzando eventi redditivi anziché quelli socioculturali gratuiti) per un totale, vi si legge, di “mancato ricavo complessivo stimabile ragionevolmente in 235mila euro”.

«Da vedere – ha commentato Garone – se vada rivisto il contributo del Comune perché la situazione attuale non consentirà mai redditività», nonostante «dagli inizi quasi pionieristici abbiamo abbattuto i costi di circa il 50% l’anno». Inoltre ancora non vi è il ristorante che darebbe entrate per la locazione dei locali. Comunque, ha poi aggiunto, «il nostro bilancio non avrà probabilmente perdite». Paladini ha osservato che «il Comune eroga un contributo di 100mila euro e paga utenze per 150mila».

È seguita una raffica di domande, dubbi e considerazioni delle minoranze a cui ha fatto lungamente fronte l’assessore al bilancio Moscatelli, unica rappresentante di giunta presente in Commissione, non senza momenti di tensione fra i diversi i settori dell’aula.

Poi il clima è stato recuperato giusto in tempo per trattare del Coccia. Del Castello e della sua Fondazione se ne riparlerà in una nuova Commissione.

 

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Antonio Maio

Nato a Lecco il 26 febbraio 1957, vive a Novara dal 1966. Giornalista dal 1986 ha svolto la professione quasi esclusivamente ai settimanali della Diocesi di Novara fino a diventarne direttore.

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