Un caprone che bela sguaiatamente: è bastata quest’immagine, pubblicata e poi rimossa su Facebook dal consigliere di maggioranza Paolo Gatti, per trasformare una discussione sulle nuove modalità di accesso al centro di conferimento rifiuti in un caso politico.
Tutto parte dall’annuncio del Comune: dal 15 settembre per entrare in piattaforma sarà necessario esibire la tessera sanitaria con il codice fiscale dell’intestatario della Tari. Una modifica tecnica, secondo l’amministrazione, ma che ha subito acceso il dibattito tra i cittadini. Lamentele e polemiche non sono mancate, al punto che Gatti ha deciso di sfogarsi online, scrivendo: «Un prospettato piccolo cambiamento ha suscitato lamentele e sterili polemiche: il servizio non cambia, basterà utilizzare una tessera diversa. Ma qual è il problema? Non facciamola tanto spessa». A corredo, la foto del caprone.
Ed è proprio quell’immagine ad aver fatto infuriare i consiglieri di minoranza, che hanno parlato di «atto di arroganza politica senza precedenti» e hanno chiesto le dimissioni di Gatti: «Ha insultato apertamente i cittadini, associandoli a un caprone. Questo non è un semplice scivolone, ma l’emblema di un potere che disprezza chi osa dissentire. La democrazia è dialogo, non una guerra di insulti. Esigiamo rispetto: la nostra voce non può essere ridotta a un belato».
Di fronte alla bufera, Gatti ha fatto marcia indietro. Prima le scuse, poi la precisazione: «Il post conteneva un’immagine evocativa del rumore emesso dal caprone e una personale opinione sull’eccesso di lamentele rispetto a un cambiamento, francamente di modesta entità. L’opposizione, si sa, fa la sua parte e con un interpretazione tutta sua dell’immagine ha ritenuto il post un gesto di arroganza e di mancanza di rispetto verso i cittadini che si sono lamentati: se fosse stata quella l’intenzione avrei pubblicato una foto con l’intero gregge e non un’immagine con un gesto specifico. In ogni caso chiedo scusa a coloro che si sono sentiti offesi dall’associazione del testo all’immagine, offesa provocata anche dalla malevola interpretazione che subito ne è stata data. Non era nella mia intenzione offendere nessuno ne tantomeno essere arrogante».
Levata di scudi da parte dei compagni di maggioranza che hanno parlato di «errore di comunicazione
dovuto alle continue critiche pretestuose ad un semplice aggiornamento delle modalità di accesso al centro di conferimento rifiuti. La minoranza ha esasperato i toni di una questione puramente amministrativa e, ribadiamo, non collegata alle scelte politiche di chi governa attualmente la Città» ha affermato il capogruppo M5S, Gabriele Arati, seguito dai consiglieri del Pd: «L’immagine contestata era poco opportuna, poiché si poteva prestare ad essere mal interpretata, ma tutto questo non giustifica a nostro avviso il clamore strumentale che ne è seguito e tantomeno giustifica la campagna denigratoria alimentata ad arte sui social».
Insomma, da un codice fiscale a un caprone è stato un attimo e Galliate si è ritrovata con un “caso politico” che odora più di social che di rifiuti… E alla fine, a far rumore, non è stata la nuova regola, ma il belato di un post.