Boom di gioco d’azzardo in Piemonte: +40. L’allarme di Rossi e i dubbi sulla normativa

Il consigliere regionale ha chiesto un'informativa in commissione dopo la divulgazione dei dati elaborati dall'università Bocconi

In Piemonte i pazienti affetti da patologie legate al gioco d’azzardo sono aumentati del 40% dal 2021 in avanti. A certificarlo è uno studio commissionato dalla Regione Piemonte all’Università Bocconi, parte di un documento tecnico preliminare alla stesura del nuovo piano socio-sanitario. A portare alla luce il dato è ancora una volta il consigliere regionale del Partito Democratico Domenico Rossi che punta il dito contro l’assessore alla Sanità, Federico Riboldi, accusandolo di voler tenere nascosti i risultati della ricerca: «Il dato che riporta lo studio della Bocconi è drammatico – ha dichiarato Rossi – e non può essere ignorato».

Alla base dell’impennata di casi, secondo il consigliere, ci sarebbe l’abrogazione, nel 2021, della legge regionale sul contrasto al gioco d’azzardo patologico, introdotta nel 2016 dalla precedente giunta di centrosinistra. La norma, tra le più restrittive a livello nazionale, prevedeva limiti orari per le sale slot, distanze minime da scuole e luoghi sensibili, e un controllo più severo sulle concessioni. La sua eliminazione ha lasciato spazio a una regolamentazione più permissiva, che avrebbe favorito la diffusione del gioco sul territorio.

A conferma di questa tesi, Rossi cita i dati forniti da IRES e dall’assessorato alla Sanità: «I volumi del gioco fisico e le perdite economiche a esso associate erano in costante diminuzione: -272 milioni di euro nel 2017, -225 milioni nel 2018, -77 milioni nel 2019, -2.134 milioni nel 2020. Un trend virtuoso che si è bruscamente interrotto nel 2021, con un incremento di +336 milioni di euro giocati». Lo stesso consigliere sottolinea anche l’impatto positivo della legge del 2016 sui servizi sanitari: «Dal 2016 al 2020, i pazienti in carico per dipendenza da gioco erano diminuiti del 20%, mentre nelle regioni limitrofe il fenomeno cresceva: +10% in Lombardia, +29% in Liguria, +24% in Emilia-Romagna».

Oggi, invece, si torna a fare i conti con una realtà preoccupante. «Il dato sull’aumento dei pazienti non solo non va nascosto – prosegue Rossi – ma deve essere oggetto di un’informativa urgente in commissione. Vogliamo capire chi sono i soggetti più colpiti, se si tratta di gioco online o fisico, e quali azioni concrete sta mettendo in campo la Regione per contrastare un fenomeno che colpisce famiglie e fasce deboli della società».

Le cifre riportate accendono nuovamente i riflettori su una questione complessa, in cui si intrecciano salute pubblica, interessi economici e responsabilità politica. Il tema del gioco d’azzardo patologico torna così al centro del dibattito regionale e nazionale, sollevando interrogativi urgenti: è possibile conciliare prevenzione e libertà d’impresa? Quali strumenti possono davvero tutelare le persone più vulnerabili?

In attesa di risposte istituzionali, resta aperta una riflessione più ampia: quale modello di regolamentazione si vuole adottare per affrontare un problema che continua a minare il benessere sociale ed economico delle comunità locali?

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Boom di gioco d’azzardo in Piemonte: +40. L’allarme di Rossi e i dubbi sulla normativa

Il consigliere regionale ha chiesto un’informativa in commissione dopo la divulgazione dei dati elaborati dall’università Bocconi

In Piemonte i pazienti affetti da patologie legate al gioco d’azzardo sono aumentati del 40% dal 2021 in avanti. A certificarlo è uno studio commissionato dalla Regione Piemonte all’Università Bocconi, parte di un documento tecnico preliminare alla stesura del nuovo piano socio-sanitario. A portare alla luce il dato è ancora una volta il consigliere regionale del Partito Democratico Domenico Rossi che punta il dito contro l’assessore alla Sanità, Federico Riboldi, accusandolo di voler tenere nascosti i risultati della ricerca: «Il dato che riporta lo studio della Bocconi è drammatico – ha dichiarato Rossi – e non può essere ignorato».

Alla base dell’impennata di casi, secondo il consigliere, ci sarebbe l’abrogazione, nel 2021, della legge regionale sul contrasto al gioco d’azzardo patologico, introdotta nel 2016 dalla precedente giunta di centrosinistra. La norma, tra le più restrittive a livello nazionale, prevedeva limiti orari per le sale slot, distanze minime da scuole e luoghi sensibili, e un controllo più severo sulle concessioni. La sua eliminazione ha lasciato spazio a una regolamentazione più permissiva, che avrebbe favorito la diffusione del gioco sul territorio.

A conferma di questa tesi, Rossi cita i dati forniti da IRES e dall’assessorato alla Sanità: «I volumi del gioco fisico e le perdite economiche a esso associate erano in costante diminuzione: -272 milioni di euro nel 2017, -225 milioni nel 2018, -77 milioni nel 2019, -2.134 milioni nel 2020. Un trend virtuoso che si è bruscamente interrotto nel 2021, con un incremento di +336 milioni di euro giocati». Lo stesso consigliere sottolinea anche l’impatto positivo della legge del 2016 sui servizi sanitari: «Dal 2016 al 2020, i pazienti in carico per dipendenza da gioco erano diminuiti del 20%, mentre nelle regioni limitrofe il fenomeno cresceva: +10% in Lombardia, +29% in Liguria, +24% in Emilia-Romagna».

Oggi, invece, si torna a fare i conti con una realtà preoccupante. «Il dato sull’aumento dei pazienti non solo non va nascosto – prosegue Rossi – ma deve essere oggetto di un’informativa urgente in commissione. Vogliamo capire chi sono i soggetti più colpiti, se si tratta di gioco online o fisico, e quali azioni concrete sta mettendo in campo la Regione per contrastare un fenomeno che colpisce famiglie e fasce deboli della società».

Le cifre riportate accendono nuovamente i riflettori su una questione complessa, in cui si intrecciano salute pubblica, interessi economici e responsabilità politica. Il tema del gioco d’azzardo patologico torna così al centro del dibattito regionale e nazionale, sollevando interrogativi urgenti: è possibile conciliare prevenzione e libertà d’impresa? Quali strumenti possono davvero tutelare le persone più vulnerabili?

In attesa di risposte istituzionali, resta aperta una riflessione più ampia: quale modello di regolamentazione si vuole adottare per affrontare un problema che continua a minare il benessere sociale ed economico delle comunità locali?

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Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore