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Per la sua mostra ha scelto un titolo in latino il grande fotografo brasiliano Sebastião Salgado, per ricordare che l’acqua è il liquido più prezioso sulla Terra, indispensabile per la nostra esistenza Dalla rubrica letteraria

Per la sua mostra ha scelto un titolo in latino il grande fotografo brasiliano Sebastião Salgado, per ricordare che l’acqua è il liquido più prezioso sulla Terra, indispensabile per la nostra esistenza. Negli scatti l’acqua appare in tutte le sue forme, la sua purezza e intensità, la sua abbondanza e scarsità, colta nella sua solitudine o nella fondamentale interazione con l’uomo.

L’epiteto ‘Mater’ ne sottolinea la forza vitale e la capacità di plasmare il nostro mondo; la persistenza nell’immaginario come simbolo di vita, rinascita e purificazione risale al posto di rilievo che occupa già nel pensiero dei primi filosofi che, come Eraclito, vi individuano il principio creatore alla base di tutte le cose: “Dalla terra nasce l’acqua, dall’acqua nasce l’anima. E’ fiume, è mare, è lago, stagno, ghiaccio. E’ dolce, salata, salmastra, è luogo presso cui ci si ferma e su cui si viaggia, è piacere e paura, nemica e amica, è confine ed infinito, è cambiamento e immutabilità, ricordo e oblio”.

Se Salgado sceglie il bianco e nero per contemplare la maestosità di mari, cascate, laghi e fiumi, il blu è il colore predominante della Terra: gli oceani ne ricoprono il 71% della superficie, un’immensa quantità di acqua per noi inutilizzabile perché salata o sotto forma di ghiaccio. Quella dolce è una minima parte dell’idrosfera, ma è distribuita in modo non uniforme e minacciata da progressiva desertificazione e da frequenti dissesti idrogeologici.

Se due miliardi di persone non hanno oggi accesso all’acqua potabile e più di trecentomila bambini muoiono ogni anno a causa del consumo di acqua non potabile, è comprensibile che l’oro blu diventi in misura sempre maggiore motivo di conflitti presenti e futuri.

Quando Ovidio racconta il mito di Latona, la madre di Apollo e di Artemide, in fuga con i suoi piccoli gemelli per sottrarsi alla gelosia furiosa di Giunone, ricorda che alla dea viene impedito di avvicinarsi all’acqua da un gruppo di rozzi contadini. Così si rivolge a loro la figlia dei Titani Febe e Ceo: “Perché mi allontanate dall’acqua? L’uso dell’acqua è dovuto a tutti;la natura non ha dato in proprietà né il sole né l’aria né l’onda leggera: ed ecco io sono davanti a un bene che è pubblico e tuttavia vi rivolgo una preghiera perché me lo diate”.

Sole, aria e acqua sono gli elementi della natura per i quali e attraverso i quali San Francesco d’Assisi loda il loro creatore, connotandoli nei loro aspetti positivi: sorella acqua è “multo utile et humile et pretiosa et casta”.

Spaventati dai fenomeni climatici estremi, forse non siamo più capaci di coglierne la bellezza, e della sua disponibilità ad essere usata abbiamo approfittato troppo, dato che tutti pretendono acqua pulita e pura per produrre ogni sorta di bene.

Un duro monito sono le parole del poeta fiumano Valentino Zeichen contro gli sprechi eccessivi del bene più prezioso, per quanto sia difficile seguirlo nella sua scelta estrema di ecologista puro, che visse di nulla in una casa – baracca a Roma : “L’impostura del bianco / e l’indotta fobia dello sporco, / stramaledirete il bagnoschiuma, / lo shampoo e lo scialacquare / detersivi nel mare / che arrossisce per pudore. / E in calce vi malediranno / le future generazioni”.

Non è un caso se proprio i poeti hanno visto nell’acqua il mezzo per sentirsi in armonia con la natura, in pace con se stessi e capaci di emozionarsi.

‘Chiare, fresche e dolci acque’ sono quelle del locus amoenus di Valchiusa, dove Petrarca contemplava la bellezza della sua Laura e dove immaginava che la morte non sarebbe stata gravosa se gli fosse stata concessa la sepoltura presso le rive cristalline della Sorgue.

E addirittura nel tempo buio del primo conflitto mondiale, tra alberi ‘mutilati’ e un ‘brandello di muro’, vicino ‘ai panni sudici di guerra’, immergersi ‘nell’urna d’acqua’ dell’Isonzo consente a Ungaretti di sentirsi ‘levigato come un sasso’, di riposare ‘come una reliquia’, di riconoscersi come ‘una docile fibra dell’universo’ e ‘credersi in armonia’.

Lo stesso incanto dell’anima prova Attilio Bertolucci davanti allo spettacolo dello scorrere di un torrente: “Spumeggiante, fredda, / fiorita acqua dei torrenti, / un incanto mi dai / che più bello non conobbi mai; / il tuo rumore mi fa sordo, / nascono echi nel mio cuore. / Dove sono? Fra grandi massi / arrugginiti, alberi, selve / percorse da ombrosi sentieri? / Il sole mi fa un po’ sudare, / mi dora. Oh questo rumore tranquillo, / questa solitudine. / E quel mulino che si vede e non si vede / fra i castagni abbandonato. / Mi sento stanco, felice / come una nuvola o un albero bagnato”.

L’acqua spumeggiante gli comunica una gioiosa meraviglia, il suo rumore lo isola e lo mette in ascolto della propria interiorità; lo smarrimento iniziale e la solitudine gli procurano un senso di felicità che lo rende parte della natura.

Non manca l’acqua fresca fra le pietre tra gli elementi del paesaggio radioso tanto amato da Antonia Pozzi, che in ‘Acqua alpina’ afferma di aver lasciato alle spalle l’oscurità dei giorni passati e di sentirsi rinascere, in armonia con la natura e partecipe della sua bellezza: “Gioia di cantare come te, torrente; / gioia di ridere / sentendo nella bocca i denti / bianchi come il tuo greto; / gioia d’essere nata / soltanto in un mattino di sole / tra le viole / di un pascolo; / d’aver scordato la notte / ed il morso dei ghiacci”.

Il grande scrittore giapponese Natsume Sōseki diceva che ‘non vale la pena di essere un uomo, se non ci si può permettere il lusso di fare qualcosa con l’acqua’.

E allora, nella nostra stagione piovosa, chiudo il viaggio con un suo haiku:

“Acque di primavera /

abbracciano la roccia /

e continuano a scorrere”.

Immagine: S. Salgado, dalla mostra “Aqua Mater”

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Claudia Cominoli

Claudia Cominoli

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