«Il bronzo di Rio? La mia prima volta, indimenticabile»

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Riserva. Poi ripescato. Quel bronzo non se lo scorderà mai. A pochi giorni dal rinvio delle Paralimpiadi di Tokyo, dal 2020 al 2021, se nel cuore di Mohamed Amine Kalem c’è un po’ di dispiacere, a prevalere è il ricordo indelebile del bronzo paralimpico di Tennistavolo di Rio De Janeiro 2016. Quel bronzo olimpico che Kalem si è conquistato partita dopo partita. Il suo, un percorso da ricordare: partito come riserva, è stato poi ripescato e la sua preparazione si è fatta ancora più intesa.

 

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Una competizione in crescendo: nei ricordi c’è la vittoria con l’asiatico Zhao Yiqing in totale rimonta, poi la vittoria grandiosa ai quarti di finale contro Ma Lin, il numero uno uno al mondo.   «Eh già», dice Amine Kalem. Nell’ultima battaglia la vittoria netta 3-0 contro lo spagnolo Bautista Perez Gonzalez, davanti al novarese d’adozione solo l’olandese Last Gerben e il belga Devos Laurens. «Sono state forti emozioni e pensando a Tokyo 2020 e poi 2021 è difficile paragonarle, – dice – a Rio avevo pensato “Bene, sono già arrivato fin qui”, ero il numero 16 e nessuno sapeva di me, sono stato una sorpresa. Ora sono il numero 2 al mondo e di me si ricordano. E’ come se quattro anni fa non avessi avuto paura, ora forse sì, ma paura sportiva naturalmente. Non è più un esordio. Rio rimane per sempre nel mio cuore in un modo eccezionale».

Mohamed Amine Kalem era già certo della qualificazione a Tokyo: «Dispiace, soprattutto a livello mentale, è un ritardo che si fa sentire, ma la salute non solo di noi come atleti, ma delle persone, viene prima di tutto, quindi è più che giusto così».

E la preparazione non viene meno: tavolo in garage con un robot e due ore al giorno di attività: «Non è come essere in palestra, il robot non è una persona umana, ma è meglio di niente, – dice l’atleta – questo tempo mi consente di stare ancora di più con la mia bambina, di sette anni, facciamo i compiti e al pomeriggio facciamo attività insieme. Ha la fortuna che non siamo in un appartamento, abbiamo un giardino anche dove poterci muovere ed è già qualcosa. Diciamo che a me piace stare a casa, anche prima non avevo una vita così mondana, – dice sorridendo – uscivo per allenarmi, capitava di mangiare fuori con la famiglia, ma apprezzo vivere la mia casa e la mia quotidianità».

Il pensiero allo sport però non manca: «Ovvio, da 1 a 100 la mia voglia è pari a 120 di tornare in palestra! Anche perché con la mia squadra a Romagnano, serie A normodotati, stavamo lottando per salvarci, ci mancavano tre partite importanti, gli sportivi sanno cosa vuol dire. E’ tutta un’attività che mi serve per essere pronto, per fare esperienza del livello altissimo e giocarmi poi le mie carte alle Paralimpiadi».

 

 

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