«I panni sporchi si lavano in pubblico» è il titolo dell’iniziativa pensata per portare alla luce ciò che troppo spesso resta nascosto: la violenza maschile sulle donne. L’evento si terrà domenica 23 novembre, dalle 15 alle 17 e partirà dalla sede del centro antiviolenza della città e vedrà protagonisti un gruppo di uomini che, attraverso cartelli a forma di maglietta, trasformeranno gli stereotipi più diffusi sulla mascolinità e sulla relazione di potere in messaggi opposti, improntati all’ascolto, alla responsabilità e al rispetto. Frasi come “stai zitta” diventeranno “ti ascolto”, mentre “è colpa sua” lascerà spazio a “è responsabilità mia”. Un modo per ribaltare l’immaginario tradizionale che troppo spesso associa la figura maschile all’idea di dominio, forza obbligata, silenzio emotivo.
L’iniziativa arriva a Borgomanero grazie al Centro Uomini Autori di Violenza del CISS e al gruppo di condivisione maschile “Tra Maschi”, con la collaborazione del Centro Antiviolenza dell’area Nord novarese e il patrocinio dei comuni di Borgomanero e Boca. Il flash mob è parte del più ampio programma dell’ASL di Novara “Uomini contro la violenza sulle donne” e si affianca a un analogo evento previsto a Oleggio il giorno precedente.
Il senso di questa azione pubblica si inserisce in un percorso più ampio che nella provincia di Novara sta prendendo forma con sempre maggiore forza. A Borgomanero, Novara e Castelletto Ticino operano ormai tre centri accreditati, e la Provincia ha avviato le pratiche per il riconoscimento di un quarto. A coordinare e mettere in rete queste esperienze è anche il lavoro di operatori come Paolo Granetto, che sottolineano come il cambiamento sia possibile solo se si agisce su due piani: la presa in carico degli uomini che hanno già agito comportamenti violenti e la diffusione di una cultura nuova del maschile, capace di prevenire la violenza prima che si manifesti.
Il flash mob di domenica va proprio in questa direzione. Non è solo un gesto simbolico, ma un atto di responsabilità pubblica: uomini che decidono di esporsi, di “metterci la faccia”, di dichiarare che la violenza non è una questione privata né un fatto di cui vergognarsi una volta scoperto, ma qualcosa di cui parlare, che va riconosciuto e affrontato. Una scelta che si inserisce anche nella necessità di superare modelli culturali ancora radicati, quelli che impongono agli uomini di non mostrare fragilità, di non chiedere aiuto, di mantenere un controllo emotivo che troppo spesso si trasforma in aggressività.




