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Elezioni regionali: confronto “zoppo” ma sull’ospedale Pd e M5S restano divisi

Cinque candidati in corsa per un seggio a Palazzo Lascaris nell'incontro promosso da SerMais con il tema della sanità in primo piano e dove ognuno ha confermato le proprie posizioni

Confronto elettorale in parte “zoppo” ma certamente non privo di spunti interessanti quello promosso da SerMais ieri sera, giovedì 23 maggio, allo spazio “Novà” fra cinque candidati in corsa per un seggio a Palazzo Lascaris in occasione dell’appuntamento con le urne del prossimo 8 e 9 giugno. Se infatti lo schieramento che sostiene Gianna Pentenero è stato rappresentato da Domenico Rossi (Pd), Marinella Migliorini (Alleanza verdi sinistra) e Fabio Marini (Stati Uniti d’Europa), mentre per il Movimento 5 Stelle, che propone come governatrice Sarah Disabato, ha visto la partecipazione di Ivan Carlone, dalla parte opposta il centrodestra che candida il presidente uscente Alberto Cirio ha visto l’intervento della sola Annalisa Beccaria (Forza Italia). Tanto Fratelli d’Italia quanto la Lega hanno infatti scelto di declinare l’invito.


Introdotto dal presidente di SerMais Pietro Favaretto, l’incontro – molto disciplinato dal punto di vista organizzativo – ha avuto come argomento nevralgico quello della sanità, tema sul quale si gioca gran parte di questa campagna elettorale. Su questo tema Rossi ha voluto esprimere subito alcuni concetti: «Sul diritto alla salute è in atto una vera discriminazione inaccettabile fra cittadini di serie A, quelli che di fronte a liste d’attesa interminabili possono pagare e quindi curarsi e quelli di serie B, che non potendo pagare di fatto rinunciano alle cure».


Per il segretario regionale del Pd non si tratta di un problema unicamente piemontese, «perché le scelte strategiche sono prese a livello governativo. La più importante riguarda quante risorse vengono destinate nella legge di Bilancio nazionale, che non vanno misurate in termini assoluti ma in percentuale rispetto al Pil. Dovremmo spendere almeno il 7,5% e invece stiamo andando verso il 6,2%. A livello regionale nei cinque anni di Cirio non è stata fatta programmazione, meno 1.700 persone tra medici, infermieri e oss e zero risorse sull’edilizia sanitaria».


Se il ragionamento di Rossi ha trovato riscontro negli interventi di Migliorini e Marini («La sanità non deve essere pensata come una spesa»), Beccaria ha controbattuto che «200 milioni di euro rispetto agli 800 stanziati dal Governo sono stati riservati alla sanità. A Borgomanero sono arrivate risorse per il nuovo padiglione. Parlare di diritto alla salute è d’obbligo ed è una priorità per tutti. A livello nazionale posso aggiungere che con la semplificazione ci sarà la possibilità di offrire più aiuti alle persone anche nelle farmacie attraverso prenotazioni e l’effettuazione di alcuni tipi di esami. Tanti altri servizi sono a disposizione del cittadino, a difesa della sanità pubblica».


Il “grillino” Carlone è stato molto netto: «La nostra visione politica è diversa, Pensiamo che non solo la sanità debba essere pubblica, ma che anche gli ospedali debbano essere costruiti con fondi pubblici. Il partenariato pubblico – privato non funziona. Il progetto della “città della salute” di Novara è bloccato da vent’anni e sono stati spesi già più di 2 milioni di euro per consulenze, con bandi andati deserti, perché si ha una visione che la sanità debba essere costruita attraverso il privato. E poi pensiamo a una visione a lungo termine con la creazione di un piano socio – sanitario omesso dalla giunta uscente. Cirio cinque anni fa aveva promesso otto nuovi ospedali ma non è stato posato nemmeno un mattone».


Sfruttando il diritto di replica Rossi ha messo in evidenza quelle sfumature che continuano a dividere i “dem” dai “pentastellati”: «Nessuno vuole costruire l’ospedale con i soldi dei privati. Spesso di fronte alla carenza di finanziamenti, quando mancano bisogna decidere di non farli oppure scegliere diverse formule. Qui ci troviamo di fronte al nulla assoluto, quindi non è lo strumento ma l’incapacità della giunta che non funziona».


Altro argomento spinoso il finanziamento alle cosiddette associazioni “pro vita” all’interno dei consultori. La prima posizione è stata espressa da Migliorini: «La 194 è una legge fra le più belle, completa anche se non totalmente applicata. I consultori sono stati i luoghi di tutela della salute delle donne e non solo. Sono contraria all’azione “pro vita” non come strumento, ma di disagio che possono creare in questi momenti particolarmente sensibili. All’interno dei consultori esiste già personale in grado di valutare il problema anche dal punto di vista psicologico, così come la legge stessa prevede strumenti essenziali. Non c’é niente da inventare, basta applicare».


«Pensiamo – ha sostenuto Marini – che la scelta della donna sia individuale e non forzata. E’ stato accennato anche il tema della natalità ma gli strumenti messi a disposizione da Stato e Regione sono quasi nulli e molti giovani trovano difficoltà nel creare nuove famiglie». Pensiero condiviso da Carlone: «Dobbiamo lasciare alle donne la possibilità di scegliere, senza se e senza ma. La Regione ha destinato 2 milioni ad associazioni antiabortiste. Non si tratta di una cifra elevata ma poteva essere destinata a incentivare la natalità in altri modi, aiutando le donne nella scelta di proseguire la gravidanza ma non in questo modo».


Sul fronte opposto per Beccaria «è necessario mettere in campo tutte le azioni necessarie che possano aiutare le donne a scegliere. I soldi messi in campo da qualsiasi ente sono fondamentali per creare una rete di supporto alle donne. Non si sta dicendo che le associazioni “pro vita” obblighino qualcuna a decidere in un senso, ma piuttosto aiutano a ragionare sui mezzi e sugli strumenti per poi scegliere».


«Questo è un argomento “spia” – ha chiosato Rossi, rivolgendosi all’esponente “azzurra” – dietro al quale c’é molto di più di quello che si sta parlando. Proprio perché voi di Forza Italia vi definite liberali non lasciate all’interno della vostra coalizione il primato su questi argomenti a un vostro alleato, che con il suo assessore ha trasformato il Piemonte in un laboratorio della peggiore destra europea».

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Luca Mattioli

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