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La Voce dell’estate – Viaggio nel mondo del Dogliani, il più famoso fra i Dolcetti piemontesi

Un altro vino dalla denominazione attuale piuttosto giovane (il suo disciplinare più recente risale al 2011), la sua produzione è consentita in ventuno comuni della provincia di Cuneo

Nel panorama dei Dolcetti piemontesi la palma del più famoso fa sicuramente attribuita al Dogliani. La sua attuale denominazione è anch’essa piuttosto recente (il disciplinare in vigore risale al 2011, quando vennero unificate le esistenti Dogliani Docg, Dolcetto di Dogliani Doc e Dolcetto delle Langhe Monregalesi Doc). La sua produzione è consentita utilizzando esclusivamente uve Dolcetto allevate in ventuno comuni della provincia di Cuneo.


Anche la storia di questo vino affonda nella leggenda. Secondo alcuni il nome “Dogliani” troverebbe le sue origini nel latino “Dolium Iani”, secondo cui il dio Giano si sarebbe recato sulle colline della località cuneese (di origine sicuramente preromana, situata a 295 metri sul livello del mare e che oggi conta poco meno di 5 mila residenti) per assaggiare questo vino locale. Forse anche per questo nello stemma comunale è raffigurato un leone che regge una “doglia”, ossia una caraffa di vino.


Di certo si sa che il vitigno Dolcetto è presente sulle colline della zona da almeno un millennio, periodo al quale – secondo comprovati documenti storici – sarebbe iniziata la sua commercializzazione. Una prima traccia di regolamentazione della sua produzione risale al 1593 e negli archivi comunali è conservata un’ordinanza che intimava ai produttori di non vendemmiare prima del giorno di San Matteo (21 settembre): un raccolto anticipato non avrebbe consentito infatti una piena e corretta maturazione delle uve.


Con il trascorrere del tempo il Dolcetto riesce a espandersi, conquistando la Langa sud-occidentale, arrivando a condividere con altri due vitigni come Barbera e Nebbiolo il territorio del Basso Piemonte. La sua freschezza e leggerezza ben si adattava a un consumo quotidiano da parte dei contadini. Il vero e proprio salto di qualità avviene nella seconda metà del secolo scorso, quando le esigenze del mercato e diversi altri fattori portarono finalmente alla nascita della prima Doc Dogliani nel 1974. Anticamera della versione definitiva del disciplinare, che fissa tra le altre cose una gradazione minima a 12° e una resa di 80 quintali per ettaro, mentre per la denominazione “Superiore” la gradazione deve salire a 13°, la resa scende a 70 quintali ed è richiesto un invecchiamento di almeno 12 mesi. Oggi il Dogliani viene consigliato per abbinare secondo piatti di carne, in umido oppure brasate, oltre che con la pasta al ragù.

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Luca Mattioli

Luca Mattioli

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