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Perché le vecchie banche avrebbero ancora un senso

Le vecchie banche sono davvero vecchie, troppo spesso e per troppi aspetti. Dall’ incapacità cronica di sentirsi fornitore di denaro e servizi, mostrando invece un volto  supponente e istituzionale, alla riluttanza a capire che il tempo è danaro, per le imprese e per le famiglie e che quindi servono velocità ed efficienza nell’interazione commerciale.

Ma detto questo, la nuova finanza più o meno tech ce le potrebbe far rimpiangere le vecchie banche. E se i manager di banca lo capissero, rapidamente potrebbero lavorare per ridare ruolo e reputazione ad un mondo che lo sta perdendo. Riprendendosi i clienti, curandoli e dando servizio.

Alludo al fatto che troppo spesso i clienti bisognosi di danaro e la finanza avida di profitti rapidi, in concorso fra loro…, danno spazio ad operazioni dove manca la base del buon vecchio rapporto creditizio: la fiducia, la conoscenza, il rapporto stabile nel tempo. Clienti ceduti con i loro crediti, caso ormai frequentissimo, a piattaforme di gestione di fatto anonime che prima hanno “rovinato” i bilanci bancari con acquisti aggressivi di posizioni deteriorate e poi rischiano di rovinare le aziende con l’incapacità di gestire nel tempo le situazioni.

Vedo il caso di una premiata società finanziaria, con una rete commerciale peraltro professionale e cortese, non esperta però di finanza aziendale , che due anni fa ha lanciato un programma di sottoscrizione  di cosiddetti Minibond aziendali, ma di fatto erano normalissimi prestiti, di durata un anno, per aziende piccole e medie. Un ossimoro, un’operazione  tipicamente  di medio periodo con scadenza a breve? Ma un bond che non duri almeno 4 o 5 anni che roba è? Tempesta perfetta, arriva  il COVID. Ma poteva esserci anche altro, nell’arco di 12 mesi, e tante PMI che si sono così finanziate sono in temporanea grave difficoltà. Un vecchio Mediocredito o anche una banca ordinaria avrebbero  tranquillamente gestito il problema: per un finanziamento di durata pluriennale si operava spacchettando il contratto, una bella moratoria ed un riscadenziamento di rate in difficoltà in coda piano. Ma il fondo di private debt che la Società finanziaria , neofita di corporate finance,  ha istituito  e gestisce, e che ha sottoscritto i ridicoli bond a 12 mesi, ora non sa che  fare. I suoi investitori volevano rendimenti alti nel breve termine ed ora non si può modificare il fondo e tutto il meccanismo per star dietro alle temporanee difficoltà delle aziende clienti ristrutturando il debito nel tempo.

Molti addetti ai lavori mi confermano che i fondi di private debt, con questi tassi bassi poi…, stanno rapidamente perdendo appeal. Per garantire rendimenti rincorrono necessariamente aziende che in banca non trovano credito ed accettano dal fondo condizioni peggiori.

Lezione da trarre, anzi due: non basta intendersi genericamente di finanza per diventare bravi nella finanza aziendale. E comunque un creditore professionale di tipo bancario che possa gestire i clienti uno ad uno, con calma, nel tempo, porta a casa i soldi con calma e nel tempo. Capitali pazienti, ancora una volta, è il concetto da imparare.

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Con questo "nome de plume" un esperto di economia e finanza commenta per La Voce i principali fatti della giornata sui mercati e nel mondo dell'industria e del lavoro

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