Prima che io nascessi nel lontano 1963 mia mamma seguì per un anno una classe di prima media, della scuola media unificata appena nata. Era una scuola media particolare: la legge era partita ma in molte zone d’Italia non esistevano ancora gli edifici scolastici e i docenti per far lezione a quelle centinaia di migliaia di nuovi studenti.
Il Ministero della Pubblica Istruzione d’accordo con la Rai decise di creare una scuola media Tv al mattino quando allora non c’era talk show e Barbare varie e un solo canale le cui trasmissioni iniziavano verso le 18.
Al mattino si alternavano le lezioni televisive di italiano, matematica e francese, più studiato dell’inglese fare da docenti con lavagna e gessetto.
Gli allievi di mia mamma seguivano i programmi in un’aula comune del suo paese e poi alla fine facevano le esercitazioni che mia mamma correggeva inviando gli elaborati a Roma.
Ora, che nell’epoca dei pc e degli smartphone in cui, a differenza di allora, abbiamo le tv a colori con centinaia di canali, grazie al digitale terrestre, in un momento in cui le esigenze di contenere il contagio del coronavirus obbliga a chiudere le scuole per un periodo lungo e non determinato a priori, mi sembra il segno che in molti campi stiamo tornando indietro o usando male le nuove tecnologie.
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