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Speravo che il film di Susanna Nicchiarelli fosse qualcosa di diverso dalla copia di “Downton Abbey” di Michael Engler (che era già brutto di suo), o de “Piccole donne” di Greta Gerwig, meno brutto, ma prevedibile come la morte, con tutti i bei cigolii dei parquet, coi rumori della bacinella per la toilette e tutto il repertorio di “artifizi” cinematografici che troviamo in quasi tutti i film ambientati nell’Ottocento, salvo rarissime eccezioni.

E la speranza era ben riposta, non tanto per la vicenda di Eleanor “Tussy” Marx, che, figlia di cotanto padre, altro non avrebbe potuto fare che la rivoluzionaria “in seconda” nella squadra dei comunisti di fine Ottocento, ma per un motivo del tutto formale e, solitamente, di secondaria importanza in un film, la colonna sonora. Vi chiederete se questo è un film sia un film che debba essere visto per la colonna sonora; la risposta è sì.

 

 

Il resto ve lo racconto io in due parole: Eleanor Marx, detta “Tussy” (interpretata da Romola Garai), dopo la morte del padre Karl, conduce una vita piatta colorita solo dalla rivelazione di Friedrich Engels morente di avere un fratellastro, frutto di un scappatella del padre del Comunismo (del resto lo stesso Engles aveva detto peste e corna oltre che del capitalismo, anche della famiglia).

La vita di Eleanor ha un solo sussulto quando si innamora di Edward, uno spendaccione senza né arte né parte, che pensa solo alla letteratura e a gettare il denaro dalla finestra. Per fortuna nella vita di Tussy c’è anche dell’altro e questo “altro” sono i diritti degli sfruttati, lavoratori sottopagati vittime della seconda Rivoluzione Industriale, donne e bambini. Insomma il famoso “spettro che si aggira per l’Europa” di cui aveva scritto papà Karl. Fine del film.

A questo punto si potrebbe tranquillamente parlare del solito film, invece no, perché Susanna Nicchiarelli estrae il classico coniglio dal cilindro, una colonna sonora punk-rock che sembra sparare sventagliate di salvifiche raffiche musicali che evitano così allo spettatore di addormentarsi sulla poltrona.

Inserti di fotografie originali dei moti del 1848 e della Comune di Parigi inframezzati da dilanianti “break” musicali che infrangono volutamente, nei momenti topici del film, una narrazione cinematograficamente tradizionale e volutamente priva di sussulti. Menzione speciale quindi per questi due gruppi musicali che rispondono al nome di “Gatto ciliegia contro il grande freddo” e “Downtown Boys”. Da vedere e da ascoltare.

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Mario Grella

Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

Una risposta

  1. Condivido le riserve,, che l’ottimo Mario Grella, ha messo in evidenza su ciò che ci si attendeva da questo film. Personalmente ne sono uscito deluso. Eccellente, su questo d’accordo ci Grella, la colonna sonora.

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