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“Milano da Romantica a Scapigliata” in mostra al castello di Novara

La nuova esposizione promossa da Mets Percorsi d'Arte sarà inaugurata il 22 ottobre

Settanta capolavori eseguiti dai maggiori protagonisti della cultura figurativa ottocentesca attivi a Milano che raccontano su tela i mutamenti nel capoluogo lombardo nei primi ottant’anni del XIX secolo: decenni turbolenti nei quali Milano ha visto la caduta del Regno napoleonico d’Italia, la costituzione del Regno Lombardo Veneto e la seconda dominazione austriaca, le prime rivolte popolari e le guerre d’indipendenza che nel 1859 avrebbero portato alla liberazione.

“Milano da Romantica a Scapigliata” è il titolo della nuova esposizione promossa, ancora una volta, da Mets Percorsi d’Arte, l’associazione che dal 2018 porta nelle stanze del castello visconteo sforzesco opere d’eccezione che hanno permesso a Novara di ritagliarsi uno spazio importante nel panorama espositivo nazionale e internazionale.

«Dopo il periodo buio della pandemia che ci aveva visti costretti a sospendere a più riprese la mostra sul Divisionismo, ora siamo pronti a ricominciare a pieno regime anche grazie alla fiducia che abbiamo ricevuto dai nostri visitatori» commenta il presidente del Mets, Paolo Tacchini.

Le tele arrivano, come sempre, da collezioni private, alcune da gallerie, e sono state suddivise in otto sezioni in un percorso curato da Elisabetta Chiodini, coadiuvata da un Comitato scientifico di cui fanno parte Niccolò D’Agati, Fernando Mazzocca e Sergio Rebora.

La mostra verrà inaugurata il prossimo 22 ottobre e resterà aperta fino al 12 marzo, da martedì a domenica dalle 10 alle 19. Info e biglietti a questo link.

Prologo. La nuova sensibilità romantica: opere “letterarie”

Il visitatore viene accolto da uno straordinario capolavoro ispirato ad una opera narrativa di grande successo popolare: I Lambertazzi e i Geremei di Defendente Sacchi (1796-1840). Firmata da Francesco Hayez (1791-1882) è infatti l’Imelda de Lambertazzi eseguita nel 1853 per il collezionista monzese Giovanni Masciaga. Storia di amore e morte ambientata nella Bologna delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, la tragica vicenda di Imelda e del suo Bonifacio era stata oggetto di opere poetiche anche prima della pubblicazione del romanzo di Sacchi e Hayez aveva affrontato il fortunato soggetto già negli anni venti, prima per l’editore Gian Marco Artaria di Mannheim (1822), poi per Francesco Crivelli (1829).

Sezione I – “Pittura urbana” nella Milano romantica

La prima sezione della mostra è dedicata alla “pittura urbana”, termine coniato nel 1829 da Defendente Sacchi per qualificare il nuovo genere di veduta prospettica elaborato e portato al successo tra il secondo e terzo decennio dell’Ottocento dal pittore alessandrino Giovanni Migliara (1785-1837). Attraverso le opere esposte in questa sezione ci si propone di illustrare l’evoluzione del paesaggio urbano in epoca romantica partendo proprio da alcuni dipinti di Migliara quali la Veduta di Piazza del Duomo in Milano, 1828, dalla Collezione di Fondazione Cariplo e la Veduta dell’interno del I.R. Palazzo del Governo, del 1834. Seguono opere di Giuseppe Elena (1801-1867) come Veduta di piazza della Vetra in Milano, 1833, dalla Collezione di Fondazione Cariplo e di Luigi Premazzi (1814-1891), nonché di Luigi Bisi (1814-1886), già dai primissimi anni quaranta acclamato erede del compianto Migliara. Sono inoltre esposte numerose opere di Giuseppe Canella (1788-1847), prima vera alternativa di avanguardia alla pittura rigorosamente prospettica di Migliara, spettacolari tranches de vie meneghine come Veduta del canale Naviglio presa sul ponte di San Marco, 1834, dalla Collezione di Fondazione Cariplo, e di Angelo Inganni (1807-1880) rappresentato da importanti capolavori tra i quali La veduta di Piazza del Duomo con il coperto dei Figini, eseguito nel 1839 per l’imperatore Ferdinando I d’Austria, e La colonna di San Martiniano al Verziere con neve cadente, del 1845, una delle primissime nevicate di Inganni.

Sezione III protagonisti

Dalla città, presentata nella prima sezione come ideale “palcoscenico” del nostro racconto, nella seconda sezione passiamo alla presentazione diretta degli “attori protagonisti” della storia milanese di quegli anni: persone e personaggi. Sono dunque esposti “ritratti ambientati” e scene di genere eseguiti da Giuseppe Molteni (1800-1867), figura poliedrica, pittore, restauratore, ritrattista mondano di fama internazionale e nel contempo sincero pittore della vita del popolo. E’ anche presente nuovamente Francesco Hayez, rinnovatore non solo del genere storico ma anche del ritratto, al quale Molteni aveva lanciato una sfida proprio nel campo della ritrattistica. Tra le opere in mostra dei due grandi artisti: il Ritratto di Alessandro Manzoni di Molteni, recentemente ritrovato, e il Ritratto della contessa Teresa Zumali Marsili con il figlio Giuseppe, straordinaria maternità laica, uno dei vertici della ritrattistica di Hayez esposto a Brera nel 1833, proprietà dell’Azienda Socio sanitaria territoriale di Lodi, in comodato a Intesa Sanpaolo. Seguono lavori di Carlo Arienti (1801-1873) rappresentato dal Ritratto del conte Carlo Alfonso Schiaffinati in abito da cacciatore (1834) e di Giovanni Carnovali, più noto come il Piccio (1804-1874), autore impegnato fin dalla prima metà degli anni quaranta in una personalissima ricerca intorno alle potenzialità espressive del colore, figura fondamentale per un primo affrancamento della pittura lombarda da quello che era stato l’indiscusso primato del disegno di matrice classicista. Viene dato spazio anche ai fratelli Domenico (1815-1878) e Gerolamo Induno (1825-1890), uomini e pittori di indole assai diversa, ma entrambi mirabili narratori del proprio tempo, un tempo raccontato per lo più attraverso la storia degli umili, una storia che viaggiava parallelamente alla storia con la S maiuscola, in questa sala rappresentati rispettivamente da L’offerta, presentata a Brera nel 1846, e da Scioperatella, del 1851.

Sezione IIIMilano, da austriaca a liberata.

La terza sezione è interamente dedicata alle Cinque giornate di Milano e agli episodi cruciali che nel marzo del 1848 portarono alla temporanea liberazione di Milano dalla dominazione austriaca. Tra gli autori scelti per meglio rappresentare quei momenti si ricordano Carlo Bossoli (1815-1884), vedutista di straordinaria sensibilità – di origine ticinese, ma vissuto e formatosi a Odessa dove la famiglia si era trasferita nel 1820, Bossoli si stabilì a Milano nel 1843 – che raggiunse fama internazionale proprio attraverso dipinti rievocativi delle guerre d’indipendenza, come Carlo Alberto al balcone di Palazzo Greppi, dal Museo del Risorgimento di Milano, opere eseguite per lo più a tempera, medium prediletto dal pittore nell’arco di tutta la sua carriera; Carlo Canella (1800-1879), fratello di Giuseppe, con Porta Tosa in Milano (il 22 marzo 1848), 1848-1850, dalla Collezione Intesa Sanpaolo e ancora Baldassare Verazzi (1819-1886), presente in mostra con quello che è considerato il suo capolavoro: Episodio delle cinque giornate, Combattimento presso Palazzo Litta, dal Museo del Risorgimento di Milano.

Sezione IVLa Storia narrata dalla parte del popolo.

La quarta sezione è dedicata ai lavori dei fratelli milanesi Domenico e Gerolamo Induno, tra i maggiori protagonisti della scena figurativa di quei decenni autori amatissimi sia dalla critica che dal pubblico dell’epoca, quest’ultimo letteralmente incantato dalla raffinatezza con la quale ogni minimo dettaglio della realtà era restituito magistralmente sulle loro tele. Una attenta selezione delle loro maggiori opere raffigura gli umili interni domestici della gente comune della Milano di quegli anni e, in modo semplice ma accurato, racconta la loro storia, il loro vivere quotidiano, i drammi e le difficoltà di quei tempi estremamente difficili, le loro piccole gioie. Tra questi il celeberrimo Pane e lacrime, di Domenico Induno, esposto nella redazione del 1854 che è stata di proprietà di Francesco Hayez.

Sezione VVerso il rinnovamento del linguaggio: dal disegno al colore.

La quinta sezione espone alcuni lavori di autori fondamentali nel rinnovamento del linguaggio pittorico: Eleuterio Pagliano (1826-1903) con Il libro di preghiere, 1857-1858 e Giuseppe Bertini (1825-1898), con Ofelia, 1860-1870, entrambi dai Musei Civici di Varese; il già citato Piccio, presente con il Ritratto di Gina Caccia, del 1862, Federico Faruffini (1833-1869), con lo splendido olio Toletta antica, 1865 circa, insieme a Pagliano tra i primi artisti lombardi ad aggiornare la propria pittura sulle ricerche più avanzate di quella napoletana, incentrate sul colore e sulla luce, tendenze avvicinate da Faruffini alla metà degli anni cinquanta nel corso di un lungo soggiorno romano durante il quale il pittore conosce e frequenta Domenico Morelli (1823-1901), Bernardo Celentano (1835-1863) e Saverio Altamura (1822-1897). E ancora il milanese Filippo Carcano (1840-1914), talentuoso e ribelle allievo di Hayez, impegnato fin dai primissimi anni sessanta nell’elaborazione di un nuovo linguaggio che potesse risultare idoneo a comunicare in senso moderno il “vero” come nel magnifico Giardino con effetto di sole, 1867-1868 circa.

Sezione VI – “Il sistema di Filippo Carcano. La pittura scombiccherata e impiastricciata”

Se le sperimentazioni linguistiche condotte nel corso degli anni sessanta da Filippo Carcano erano totalmente incomprese e decisamente osteggiate dalla critica che definiva la sua pittura “una pittura filacciosa, senza contorni di sorta, quasi senza piani e senza prospettiva” – in aperta rottura con la tradizione accademica del disegno, Carcano costruiva le immagini attraverso l’uso del solo colore -, erano invece abbracciate con entusiasmo da altri giovani artisti; tra questi autori la sesta sezione ospita lavori di Giuseppe Barbaglia (1841-1910), di Vespasiano Bignami (1841-1929) con il bellissimo olio Viale delle balie o Nei vecchi giardini, 1877, dalla Collezione del Banco BPM e di Mosè Bianchi (1840-1904) con tre scene di vita quotidiana.

Sezione VIIVerso la Scapigliatura

Il percorso espositivo prosegue con alcune significative opere dipinte nel corso dei secondi anni sessanta da Tranquillo Cremona (1837-1878) e Daniele Ranzoni (1843-1889), prima dell’elaborazione di quel linguaggio scapigliato che caratterizzerà le opere della loro maturità artistica; tra queste di Cremona sono esposte Amaro calice, 1865, dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, il Ritratto di Alberto Pisani Dossi, 1867, dalla Casa Museo Pisani Dossi di Corbetta e il Ritratto di Nicola Massa Gazzino, 1867-1869 circa, dai Musei Civici di Pavia. Di Ranzoni il Ritratto della sorella Virginia, 1863-1864 circa, dalla Galleria d’Arte Moderna Paolo e Adele Giannoni di Novara e il Ritratto di donna Maria Padulli in Greppi, 1869 circa.

Sezione VIIIL’affermazione e il trionfo del linguaggio scapigliato

L’ultima sezione accoglie alcuni dei maggiori capolavori scapigliati eseguiti dalla metà degli anni settanta ai primi anni ottanta. Tra questi segnaliamo Melodia e In ascolto, straordinarie tele eseguite en pendant da Cremona tra il 1874 e il 1878 su commissione dell’industriale Andrea Ponti, Visita al collegio, ancora di Cremona, riferibile al biennio 1877-1878, nonché alcuni dei più intensi ritratti eseguiti da Ranzoni, quali il Ritratto della signora Luigia Pisani Dossi, esposto a Brera nel 1880, lo splendido Giovinetta inglese, 1886 circa e Ritratto di Antonietta Tzikos di Saint Leger, presentato la prima volta al pubblico nella primavera del 1886, in occasione della mostra organizzata per l’inaugurazione della nuova sede della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente. Nella sezione anche due belle sculture in bronzo e gesso di Giuseppe Grandi: La Pleureuse (1875-1878) e Beethoven giovinetto (1874).

[In foto la mostra dello scorso anno]

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Cecilia Colli

Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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