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Il Novara Jazz sotto la pioggia non perde il suo fascino

I concerti al museo Faraggiana e all'Arengo del Broletto hanno rapito il pubblico

Adoro i piccoli concerti nei cortili, e ancora di più quelli che si tengono sotto una pioggerella (si fa per dire) tardo primaverile, magari sotto il portico di un museo, come capitato ieri nel cortile porticato del Museo Ferrandi Faraggiana di Novara. Sono anche un grande estimatore di Roberto Bonati e Tor Yttredal e quindi la giornata di ieri è stata per me la “giornata riuscita” (quella sulla quale il premio Nobel Peter Handke scrisse un famoso romanzo). E ora, dopo le divagazioni, la musica. E se sotto lo scrosciare delle pioggia mi è sembrato di sentire Grieg, è semplicemente perché nella ricerca di Roberto Bonati, delicatamente “contaminato” dal contrabbasso di Tor Yttredal, Edward Grieg c’è o almeno ne aleggia il suo spirito, come in tanta musica (e non solo jazz), del Grande Nord.

È noto che il Jazz ha nei paesi scandinavi una grande tradizione, anzi una vera e propria scuola, tanto che una etichetta discografica come ECM è nata proprio sull’onda di questa tradizione. E se è indubbiamente vero che l’impostazione musicale del concerto al Museo Faraggiana provenga da quelle latitudini, è anche vero che la “temperanza” dei suoni algidi venga poi “trattata” dalla latinità di Roberto Bonati, il che fa di questi brani dei piccoli capolavori di equilibrio. Poi le parti sembrano invertirsi: se prima era Tor Yttredal coi suoi sax ad intonare profondi suoni nordici e il contrabbasso di Roberto Bonati a moderare la voglia di infinito che le latitudini impongono, a metà concerto sembra essere il sax di Tor a “latineggiare” cercando di scaldare le corde del contrabbasso di Bonati. Insomma Dio li ha fatti e li ha anche felicemente accoppiati. I brani, tutti originali dei due compositori, hanno ammaliato i fedelissimi di Novara Jazz che, detto per inciso, sembrano essere in decisa crescita e non solo numerica, e sembrano divenire un pubblico sempre più attento e partecipe.

Diversa l’atmosfera nell’Arengo del Broletto (sempre un po’ in preda del fragore dei frequentatori del caffè), dove si è esibita l’Orchestra Filarmonica di Oleggio, con Alberto Mandarini alla tromba e alla direzione, e qualche preziosa gemma “in prestito” come Simone Lobina, Luca Pissavini, Francesco Chiapperini che si cimentano sul tema dell’oscurità e delle tenebre (ma di conseguenza anche della luce), dal suggestivo titolo “Il colore del silenzio, il suono del buio”. Non solo musica, ma anche pezzi recitativi imperniati su inquietanti figure delle tenebre come Torquemada e il Golem, insomma una suite di grande impatto e di complessa orchestrazione tenuta in pugno dai gesti perentori della direzione di Mandarini. Una performance che avrebbe meritato un’attenzione diversa, forse cercandola in un luogo meno frequentato dalla famigerata “movida”…

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Mario Grella

Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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