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Una schiera di schiave sessuali a disposizione del “capo”

Un’abitazione immersa nella quiete del verde più fitto in una zona boschiva in provincia di Novara: qui la “base operativa” dalla quale “Lui”, che veniva chiamato “il dottore”, oggi 77enne, tirava le fila di tutto ciò che ruotava dentro e intorno alla sua psico-setta, nata a metà degli anni ’80, nella quale le “prescelte”, giovani donne anche adolescenti se non addirittura bambine, venivano indottrinate e iniziate a “pratiche magiche”. In massima parte, in realtà, pratiche sessuali «spesso estreme e dolorose» che servivano «nella logica impartita dal capo, ad annullare l’individuo e ad entrare in un mondo magico, fantastico e segretissimo».

 

Era lui che decideva e sceglieva “quali ragazze devono farlo divertire o se puoi o non puoi frequentare i nostri luoghi fatati”. In sostanza a sua disposizione, o a disposizione delle sue fidate collaboratrici; una cinquantina le giovani donne finite in quel giro. Una sola denuncia, quella che ha fatto partire le indagini, ma molte le testimonianze raccolte nel corso dell’inchiesta, cui hanno dato corpo le perquisizioni – 26 personali e 21 locali, eseguite nella notte tra sabato e domenica dalla squadra Mobile di Novara con il supporto di colleghi di altre questure – nelle province di Novara, Milano, Pavia e Genova, che «hanno fornito ampio materiale di prova» a riscontro dei racconti.

 

 

Ed era dalla “base operativa” che venivano impartite tutte le decisioni che riguardavano la struttura, al cui vertice c’era appunto “Lui” affiancato da strette collaboratrici.

Un mondo chiuso, parallelo e sommerso venuto a galla quando, due anni fa, una ragazza, Anna (nome di fantasia), dopo esserne uscita ed aver affrontato un lungo percorso, si è presentata negli uffici della squadra Mobile di Novara per raccontare quel che accadeva in quella setta dove lei era entrata, con un familiare, quando era ancora bambina.

Un racconto, il suo, che ha portato, dopo due anni di indagini della squadra Mobile e dello Sco (Servizio centrale operativo della Polizia di Stato), coordinate dalla Dda di Torino, all’esecuzione delle perquisizioni.

 

Ventisei le persone indagate, oltre al leader anche le strette adepte collaboratrici (con posizioni marginali anche tre-quattro uomini), in prevalenza residenti nel milanese e nel pavese, per l’ipotesi di reato di associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù e violenze sessuali anche su minori.

«La setta – spiegano dalla Questura – finiva per assorbire ogni aspetto della vita delle adepte, sia per quanto riguarda il loro ambito personale e familiare ma anche la loro formazione, arrivando a determinare un vero e proprio isolamento dal mondo esterno in modo da renderle totalmente dipendenti. Il gruppo grazie ad un centro psicologico ed una fitta rete di attività commerciali, tutte riconducibili alla setta, riusciva a reclutare le ignare vittime da indurre inconsapevolmente nelle dinamiche settarie».

«In pratica così come accaduto per le vittime finora accertate, o i membri della famiglia nella setta e indotti a sottostare alle volontà del “dottore”, oppure si imponeva alle adepte di tagliare ogni tipo di rapporto con loro. Il “dottore” decideva l’indirizzo di studi, i corsi formativi o il lavoro che le ragazze dovevano effettuare, quasi sempre nelle attività commerciali legate all’organizzazione, con il subdolo fine di vincolarle indissolubilmente al gruppo settario».

“Lui” controllava capillarmente ogni mossa anche quando si trovavano in vari appartamenti (sempre riconducibili alla setta) nel milanese e nel pavese.

«Siamo ancora in una fase strettamente investigativa – ha aggiunto Valeria Dulbecco, dirigente della squadra Mobile – E’ una vera e propria organizzazione settistica, una psico-setta. Le ragazze venivano reclutate e indottrinate con un programma; le prescelte venivano introdotte in un mondo “nuovo”, isolato dal mondo esterno». L’organizzazione, così riferiscono dalla Questura, «si serviva di psicologhe professioniste, a loro volta adepte, che facendo leva sullo stato di fragilità emotiva, anche solo momentaneo, delle “prede” intraprendevano l’attività di indottrinamento e di inclusione secondo uno schema ben preciso. Le neofite venivano riempite di attenzioni e di premure e sottoposte ad un vero e proprio lavaggio del cervello cosa che le portava ad aprirsi sempre di più alla prassi dell’organizzazione fino ad accettare violenze e soprusi di ogni genere».

Una cinquantina le donne, quelle almeno individuate in due anni di indagini. Le attività con minori, al momento, sono state accertate fino al 2011.

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Daniela Fornara

Daniela Fornara

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