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Siccità nel novarese, è allarme acqua potabile. Agricoltura in ginocchio. Parlano i rappresentanti di settore

Ieri il presidente Cirio ha inviato a Roma la richiesta di stato di calamità per l’agricoltura. Acqua Novara Vco raccomanda alla Regione di vigilare affinchè la cittadinanza attui un consumo responsabile di acqua potabile

Ieri il presidente della Regione Alberto Cirio ha inviato a Roma la richiesta di stato di calamità per l’agricoltura mentre il prossimo 21 giugno chiederà il riconoscimento del livello di severità idrico alto, da cui, se riconosciuto, deriverebbe l’eventuale dichiarazione di emergenza nazionale. La grande siccità ha colpito quasi tutto Piemonte, in particolare il Novarese e il Vco, e la situazione è severa: le coltivazioni sono in ginocchio e l’acqua comincia a scarseggiare anche per l’uso domestico, soprattutto in montagna; nelle zone turistiche si teme per la fuga di villeggianti.

Solo nei nostri territori, da febbraio a oggi, sono stati gli 1080 interventi di fornitura di acqua potabile. Interventi per mezzo di autobotti che hanno avuto un costo di circa 211 mila euro. In nota inviata ieri alla Regione, Acqua Novara Vco dichiara di riscontrare «un ulteriore aggravamento della risorsa idrica» sollecitando i comuni che si trovano in zona rossa, arancione e verde (per ora quasi tutti nel Vco e nel Borgomanerese) «a sensibilizzare la popolazione al rispetto delle indicaazioni vigilando affinchè la cittadinanza attui un consumo responsabile di acqua potabile».

Al momento, il settore più colpito è quello delle coltivazioni. «A marzo la situazione era già preoccupante: si è detto che le scorte di acqua erano pari al 30% rispetto agli anni precedenti» – spiega il vice presidente dell’ordine degli Agronomi di Novara e Vco, Valter Porzio -. Gli agricoltori sono stati invitati a ritardare la semina del riso o a cambiare coltura. Qualcuno l’ha fatto convertendo i campi in soia o girasole riducendo così la superficie che necessita di abbondante acqua. Altri, invece, hanno preferito proseguire con la coltivazione tradizioalee e ora si trovano in una situazione molto critica: la disponibilità di acqua è pari al 20%: il mais sta mostrando i primi sintomi di sofferenza e il riso in asciutta non durerà a lungo (in foto di copertina). Questo comporterà una perdita importante di produzione e un rincaro notevole dei prezzi: molte aziende agricole stanno sostenendo spese notevoli a fronte di incassi incerti».

Un campo di mais in sofferenza

«Da qui alla raccolta di settembre non si può sperare che la situazione migliori – non sarà un temporale estivo a risolvere, anzi rischierebbe di rovinare anche il poco raccolto che c’è – conclude -. Azioni concrete per questa stagione non ce ne sono, per il prossimo anno bisogna trovare un sistema per risparmiare e accumulare acqua, così come si fa nel sud Italia. L’università Statale di Milano sta già portando avanti studi in tal senso».

«Ieri pomeriggio il Lago Maggiore segnava -7,6 centimetri: un livello così basso non è mai stato registrato – commenta il delegato provinciale di Ente Risi, Umberto Rolla -. Da inizio settimana i risicoltori stanno vivendo una situazione drammatica: fino a qualche giorno fa si riusciva ancora ad allagare, ora il novarese ha raggiunto i livelli della Lomellina con l’85% di acqua in meno rispetto al fabbisogno. Se nelle prossime settimane dovesse piovere, qualcosa si potrebbe ancora tamponare, ma dovrebbe piovere molto».

«La situazione è drammatica – afferma il presidente di Confagricoltura, Giovanni Chiò -. Molte aziende hanno deciso di abbandonare parte dei loro campi e concentrasi su quelli a cui possono dare acqua. Dalla Regione su direttiva europea ci è stato chiesto di produrre il più possibile per ottemperare a una eventuale crisi alimentare il prossimo inverno: noi non siamo in grado di farlo, non perché abbiamo lavorato male, ma perché manca l’acqua. Solo lo stato di calamità potrà in qualche modo darci una mano. So che ci sono progetti fermi da trent’anni per il recupero dell’acqua, annullati più volte per questioni ambientali e paesaggistiche: ora basta, bisogna guardare al futuro. In Italia ci sono realtà virtuose, ne conosco in provincia di Oristano dove l’acqua scarseggia tutto l’anno e proprio per questo motivo è stato studiato un sistema di dighe senza le quali gli agricoltori non potrebbero produrre».

Il presidente fa poi un appello ai colleghi risicoltori: «È necessario essere lungimiranti e diversificare: questo è l’anno della coltura alternativa: soia, frumento, girasole. Dobbiamo fare i conti con quello che abbiamo: io l’ho fatto e ho riconvertito i miei campi: un quarto di frumento, un terzo di soia, il resto riso».

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Cecilia Colli

Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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