Rete di alimenti scaduti “rigenerati” con etichette false nella Bassa novarese: quattro imprenditori a processo

Sequestrate tonnellate di prodotti per un valore di un milione di euro

Avrebbero creato un’organizzazione stabile in grado di commercializzare prodotti alimentari e per la casa già scaduti o vicini alla scadenza, acquistati anche da note aziende italiane, che venivano reimmessi nel mercato grazie a etichette o confezioni contraffatte nelle informazioni e nelle scadenze. Al termine di un’indagine partita nel 2022, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio di quattro i piccoli imprenditori coinvolti in un’inchiesta conclusa dai carabinieri del Nas di Torino e dai finanzieri del nucleo operativo di Novara, per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione e alla contraffazione alimentare: si tratta di P.L., attualmente irreperibile e titolare dell’omonima impresa di commercio all’ingrosso di Granozzo; M.P., residente in provincia di Parma e amministratore unico di una ditta operante nell’ambito degli imballaggi; D.C., di Turbigo, legale rappresentante di una una società di commercio all’ingrosso; e A.Z., abitante a Granozzo e dipendente del primo indagato.

In udienza preliminare è già stata emessa sentenza di proscioglimento, in base alle recenti riforme, per il presunto capo di Granozzo, P.L., attualmente irreperibile e forse all’estero: non ha avuto conoscenza del procedimento. Gli atri tre, invece, potrebbero scegliere riti alternativi. Un quinto indagato, socio e gestore di un’azienda agricola di Vespolate, ha già definito la sua posizione separatamente.

Tutto è partito nel marzo del 2022. In una rivendita alimentare della Bassa Novarese il Nas ha sequestrato diversi chili di prodotti dolciari ritenuti potenzialmente pericolosi per la salute: erano sprovvisti di documentazione commerciale e riportavano una data di scadenza risultata poi contraffatta. Si è deciso di approfondire la cosa. E’ emerso così che i prodotti sequestrati provenivano da un’azienda di commercio all’ingrosso, quella del P.L., nei cui confronti i militari hanno avviato un’attività di monitoraggio e intercettazione. Nell’indagine si è poi inserita anche la Finanza, che ha passato in rassegna fatture e documentazioni. Gli investigatori hanno ricostruito in modo dettagliato gli stabili e continuativi rapporti finanziari fra gli indagati e il volume economico delle attività illecite (valore di migliaia di euro), confermato anche dall’ingente sequestro operato nel magazzino di Granozzo: sono stati messi i sigilli a diverse tonnellate di alimenti, per un valore approssimativo di 1 milione di euro, già ri-etichettati e pronti alla vendita nonostante fossero scaduti.

In base a quanto emerso nell’inchiesta, l’imprenditore di Granozzo era una sorta di capo che promuoveva e organizzava le attività del gruppo, dirigendo la contraffazione e mettendo a disposizione il suo magazzino per stoccare la merce; il suo dipendente si occupava della materiale contraffazione e della logistica del magazzino; l’imprenditore parmense si interessava dell’approvvigionamento di alcuni prodotti, mentre quello di Turbigo avrebbe finanziato l’attività con capitali apparentemente riconducibili alle società da lui amministrate.

Nel corso delle indagini gli investigatori hanno perquisito 14 edifici fra abitazioni private e negozi in sei province di Piemonte, Lombardia e Emilia Romagna.

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Rete di alimenti scaduti “rigenerati” con etichette false nella Bassa novarese: quattro imprenditori a processo

Sequestrate tonnellate di prodotti per un valore di un milione di euro

Avrebbero creato un’organizzazione stabile in grado di commercializzare prodotti alimentari e per la casa già scaduti o vicini alla scadenza, acquistati anche da note aziende italiane, che venivano reimmessi nel mercato grazie a etichette o confezioni contraffatte nelle informazioni e nelle scadenze. Al termine di un’indagine partita nel 2022, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio di quattro i piccoli imprenditori coinvolti in un’inchiesta conclusa dai carabinieri del Nas di Torino e dai finanzieri del nucleo operativo di Novara, per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione e alla contraffazione alimentare: si tratta di P.L., attualmente irreperibile e titolare dell’omonima impresa di commercio all’ingrosso di Granozzo; M.P., residente in provincia di Parma e amministratore unico di una ditta operante nell’ambito degli imballaggi; D.C., di Turbigo, legale rappresentante di una una società di commercio all’ingrosso; e A.Z., abitante a Granozzo e dipendente del primo indagato.

In udienza preliminare è già stata emessa sentenza di proscioglimento, in base alle recenti riforme, per il presunto capo di Granozzo, P.L., attualmente irreperibile e forse all’estero: non ha avuto conoscenza del procedimento. Gli atri tre, invece, potrebbero scegliere riti alternativi. Un quinto indagato, socio e gestore di un’azienda agricola di Vespolate, ha già definito la sua posizione separatamente.

Tutto è partito nel marzo del 2022. In una rivendita alimentare della Bassa Novarese il Nas ha sequestrato diversi chili di prodotti dolciari ritenuti potenzialmente pericolosi per la salute: erano sprovvisti di documentazione commerciale e riportavano una data di scadenza risultata poi contraffatta. Si è deciso di approfondire la cosa. E’ emerso così che i prodotti sequestrati provenivano da un’azienda di commercio all’ingrosso, quella del P.L., nei cui confronti i militari hanno avviato un’attività di monitoraggio e intercettazione. Nell’indagine si è poi inserita anche la Finanza, che ha passato in rassegna fatture e documentazioni. Gli investigatori hanno ricostruito in modo dettagliato gli stabili e continuativi rapporti finanziari fra gli indagati e il volume economico delle attività illecite (valore di migliaia di euro), confermato anche dall’ingente sequestro operato nel magazzino di Granozzo: sono stati messi i sigilli a diverse tonnellate di alimenti, per un valore approssimativo di 1 milione di euro, già ri-etichettati e pronti alla vendita nonostante fossero scaduti.

In base a quanto emerso nell’inchiesta, l’imprenditore di Granozzo era una sorta di capo che promuoveva e organizzava le attività del gruppo, dirigendo la contraffazione e mettendo a disposizione il suo magazzino per stoccare la merce; il suo dipendente si occupava della materiale contraffazione e della logistica del magazzino; l’imprenditore parmense si interessava dell’approvvigionamento di alcuni prodotti, mentre quello di Turbigo avrebbe finanziato l’attività con capitali apparentemente riconducibili alle società da lui amministrate.

Nel corso delle indagini gli investigatori hanno perquisito 14 edifici fra abitazioni private e negozi in sei province di Piemonte, Lombardia e Emilia Romagna.

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