La città raccoglie l’ennesimo appello di Amnesty International e si unisce al coro di coloro che chiedono l’immediata liberazione di Ahamad Djalali, il ricercatore universitario accusato di spionaggio e detenuto in Iran. Nel tardo pomeriggio di oggi, martedì 2 marzo, si è svolto un breve sit in organizzato dal gruppo novarese di Amnesty per richiedere che venga garantita la salute e la libertà di Djalali che si trova ancora nel braccio della morte.
Le notizie sulle sue condizioni sono carenti. L’ultima foto, che risale al 24 novembre scorso, mostrava Ahmad in precarie condizioni di salute. Al ricercatore è impedito di comunicare con l’avvocato e la famiglia e a oggi non si hanno notizie sull’esecuzione della sentenza capitale. Il sit in novarese segue la richiesta di liberazione di Amnesty International Italia, che proprio oggi si è recata presso l’ambasciata dell’Iran a Roma per manifestare (leggi qui). L’organizzazione internazionale ha chiesto di mantenere alta la mobilitazione sui social network, invitando tutti a firmare l’appello presente sul sito internet.
Anche il sindaco Alessandro Canelli ha chiesto che sulla vicenda di Ahmad non cali il silenzio: «La mobilitazione deve essere continua e costante ha detto -. Voglio personalmente ringraziare Amnesty International e il Crimedim dell’Università del Piemonte Orientale che quotidianamente lavorano perché un membro della nostra comunità venga liberato».
«Il dolore della moglie e dei figli di Ahmad è inaccettabile – ha dichiarato Luca Ragazzoni, collega del ricercatore iraniano presso l’ateneo della città -. Chiediamo l’immediato rilascio di Ahmad, o almeno che venga concesso l’intervento dei sanitari per verificarne le condizioni di salute. Questa è una situazione che va oltre il singolo individuo, si tratta della lotta per la libertà della ricerca».
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