I rappresentanti sindacali dei lavoratori dello stabilimento Leonardo di Cameri hanno chiesto al Comune di valutare un sostegno per l’attivazione di un asilo nido convenzionato, utile a coprire le esigenze delle famiglie dei dipendenti dello stabilimento. Dal municipio, però, è arrivata una risposta negativa: «Posti disponibili non ce ne sono».
Il sindaco Giuliano Pacileo chiarisce: «Ho parlato con i sindacati diverse volte, l’ultima la scorsa primavera, ma purtroppo il Comune non ha spazi a disposizione da dedicare esclusivamente al servizio nido per i dipendenti Leonardo. E se dovessimo decidere di costruire un nuovo edificio per l’infanzia, sarebbe a servizio di tutta la comunità, non soltanto per i lavoratori dell’azienda. Diverso sarebbe il caso in cui Leonardo intendesse costruire e gestire direttamente una nuova struttura: in quel caso se ne potrebbe parlare».
La questione, spiega Antonio Martellotto, esponente di Uilm, si inserisce in un confronto più ampio sul welfare aziendale. Oggi in Leonardo tutti i dipendenti hanno il contratto nazionale dei metalmeccanici, affiancato dall’integrativo di secondo livello, in scadenza nel 2027. «Non vogliamo aspettare altri due anni per avviare servizi che sono necessari ora» afferma sottolineando che già nella lunga trattativa del dicembre 2023, durata oltre sei mesi, erano state poste sul tavolo alcune richieste specifiche di integrazione.
La trattativa nazionale sul contratto dei metalmeccanici, scaduto a giugno 2024, ha già visto quaranta ore di sciopero e tre nuovi incontri fissati a settembre con Federmeccanica e Assistal. Ma nei 59 stabilimenti italiani di Leonardo restano aperti anche nodi locali e concreti.
Un esempio è proprio quello dei servizi per l’infanzia: a Roma esiste un asilo aziendale che però è rimasto inutilizzato, «una spesa improduttiva perché mancano i bambini», aggiunge Martellotto. A Cameri, invece, la richiesta sarebbe reale, ma non trova ancora sbocchi.
Nello stabilimento novarese lavorano circa 1.100 persone, di cui 650 operai e 400 impiegati. «Si tratta di numeri che giustificherebbero un investimento mirato sul welfare – dice ancora -. Per questo stiamo cercando anche attraverso altre aziende di reperire fondi e costruire convenzioni a livello provinciale».