Icardi: «In Piemonte i decessi sono sotto la media nazionale». In una conferenza stampa di ieri sera, l’assessore regionale alla Sanità si è difeso da alcuni numeri, e conseguenti considerazioni, pubblicati nei giorni scorsi secondo cui in Piemonte si starebbe verificando un aumento dei contagi e una mortalità doppia.
Sta di fatto che i numeri comunicati dalla Regione sono discordanti tra loro e, in alcuni casi, si discostano da quelli forniti dalla protezione civile nazionale.
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«Le previsioni pubblicate sui media non corrispondono al vero – ha dichiarato Icardi – e il tasso di mortalità non è doppio. L’epidemiologia è una scienza con un linguaggio complesso, non si possono prendere i dati puri e arrivare a delle conclusioni: si rischia di fare danni e dare un’immagine distorta di questa regione. Al contrario, in Piemonte i decessi sono sotto la media nazionale: l’andamento dei contagi è influenzato dall’aumento del numero dei tamponi per questo abbiamo potenziato la rete di laboratori. Noi li abbiamo fatti sui sintomatici, invece in Veneto su tutti; il primo caso registrato in Piemonte risale al 22 febbraio: abbiamo rispettato la circolare ministeriale, in vigore dal 27 febbraio, che dispone di effettuare i tamponi solo su persone sintomatiche».
Tesi supportata anche da Chiara Pasqualini, dirigente biologo responsabile S.C. Epidemiologia della Regione: «Abbiamo sempre rispettato le direttive nazionali sull’effettuazione dei tamponi – ha detto – farli a tutti non avrebbe senso. Quando siamo in attesa di un esito, ci comportiamo come se la persona fosse contagiosa, così come si fa per qualunque altra malattia infettiva: sono questi i protocolli. L’unico traguardo sarà il vaccino, prima dobbiamo essere consapevoli che bisogna continuare a mantenere misure restrittive».
Umberto Dianzani, direttore della Struttura complessa a direzione universitaria di Biochimica clinica dell’ospedale di Novara ha invece detto no ai test sierologici «perchè non sono adeguati per fare diagnosi ma solo per riconoscere l’immunizzazione, non hanno dunque scopo diagnostico ma solo epidemiologico».
Sulla riapertura Icardi ha confermato che «sarà graduale, siamo dieci giorni in ritardo rispetto alla Lombardia, la discesa sarà lenta e non si potrà tornare alla normalità di prima, ma a una più controllata disciplinando le modalità. Dobbiamo capire che con questo virus dovremo conviverci almeno fino a che non si troverà un farmaco o un vaccino: per molto tempo dovremo cambiare i nostri comportamenti anche se non ne avremo voglia: sono le misure che sta adottando la Cina e sono le uniche se vogliamo scongiurare picchi».
Per quanto riguarda le tempistiche: «L’apertura delle fabbriche appena dopo Pasqua? Non lo so, dipende da come andrà la situazione nei prossimi giorni e soprattutto da cosa dirà il governo: ci affidiamo alle decisioni nazionali».
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