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Ex campo Tav, la minoranza: «Famiglie sfrattate e divise. Anche i poveri hanno diritti»

Il Comune ha dato l'ultimatum agli ultimi quattro nuclei. L'area deve essere liberata per avviare il progetto di riqualificazione previsto con i fondi del Pnrr

Nei giorni scorsi il Comune ha intimato agli ultimi quattro nuclei famigliari che ancora vivono all’ex campo Tav di via Alberto da Giussano di liberare i moduli abitativi, proponendo la comunità-alloggio alle donne e ai bambini e il dormitorio agli uomini.

L’area deve essere smantellata completamente per poter avviare il progetto di riqualificazione previsto con i fondi del Pnrr: 38,5 milioni di euro previsti dal Pinqua per la realizzazione 92 appartamenti di edilizia residenziale, 65 posti per il nuovo dormitorio, zone verdi e spazi per le associazioni.

All’inizio del 2023 il Comune aveva già provveduto a sgomberare la quasi totalità dei container – 21 nuclei per un totale di 59 persone – sistemandoli nei propri alloggi e in quelli di proprietà di Atc. Le ultime quattro famiglie, invece, non risultano assegnatarie di abitazione e il Comune ha dato loro un ultimatum.

Non ci stanno, però, i gruppi consiliari di opposizione – Insieme Per Novara, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Gruppo Misto che, in una nota congiunta, criticano fortemente l’operato del Comune. «Tale soluzione crea grossi problemi soprattutto ai minori che si vedono privati della figura paterna con gravi conseguenze sulla loro crescita e sul loro benessere psicologico – affermano -. Stupisce che dirigenti, funzionari dei servizi sociali, stimati professionisti, accettino tale soluzione che è contraria a tutti i principi del servizio sociale oltre che al buon senso. Si tratta di un intervento punitivo, ingiustificato che difficilmente troverò il consenso degli interessati. Ci sembra poi scandaloso e molto grave che i partiti che compongono l’attuale maggioranza consiliare e che dicono di voler salvaguardare l’istituto famigliare e promuoverne il benessere accettino tale soluzione. Forse il diritto all’unità del nucleo familiare vale solo per le famiglie ricche o comunque benestanti? I poveri non hanno diritto ugualmente ad avere una famiglia unita, una casa, o un luogo dove poter essere famiglia e vivere insieme?».

«Non si considerano poi i costi sociali e umani di una tale soluzione? – proseguono i capigruppo Piergiacomo Baroni, Nicola Fonzo, Mario Iacopino, Francesca Ricca -. Per non parlare dei costi
economici. Mantenere donne e bambini in una struttura costa migliaia di euro. Le risorse impegnate potrebbero essere destinate a trovare altre soluzioni più umane e che aiutino veramente le famiglie a trovare una via di riscatto e di autonomia. Esistono già anche in città buone pratiche messe in atto da realtà del volontariato che hanno dato ospitalità a famiglie in situazione di emergenza abitativa, che non avevano (come quelle di cui si parla) i requisiti per un’assegnazione di un alloggio di edilizia popolare e che hanno portato ad un reinserimento sociale, abitativo e lavorativo in tempo ragionevoli».

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Cecilia Colli

Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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