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Da Novara in Ucraina per portare aiuti. E salvare nove persone

La storia di cinque novaresi che sono partiti con due furgoni e sono tornati in quattordici. «Una viaggio durato 30 ore. Google traduttore ci ha "salvato" la vita»

Da Novara sono partiti in cinque con due furgoni carichi di farmaci e beni di prima necessità destinati alla popolazione ucraina. Sono tornati in quattordici con una storia da raccontare che non scorderanno mai.

«Appena dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, mi sono messo in contatto con un amico e cliente che ha una fabbrica di biscotti vicino a Kiev – racconta Riccardo Cavanna, uno dei novaresi protagonisti -. Mi ha detto che c’era bisogno di tutto: farmaci, presidi medici, coperte, sacchi a pelo. Ho fatto girare la voce tra gli amici e in pochissimi giorni è partita la catena di solidarietà: tra il nostro quartiere della Rizzottaglia e l’associazione BB Leva89 Aps di Milano abbiamo raccolto 6500 euro con cui abbiamo acquistato tutto il necessario. Dovevamo essere in due, alla fine siamo partiti in cinque con un van da nove posti e un furgone messo a disposizione dal Motoclub Novara».

È così che Matteo Patriarca, Vincenzo Bruno, Martino Graziano e Franco Spazzapan, oltre a Cavanna, si sono mossi in moto alla volta del confine tra Polonia e Ucraina dove hanno consegnato il materiale in un centro smistamento.

«Durante il viaggio – prosegue Cavanna – padre Don Yuriy Ivanyuta (responsabile della chiesa cattolico-bizantina per le diocesi di Novara e Vercelli, ndr) ci ha messi in contatto con alcune persone ucraine – quattro donne, due bambini e due adolescenti – che stavano scappando a piedi e che sarebbero arrivate a pochi chilometri dalla nostra destinazione. Dopo aver fatto la consegna, le abbiamo raggiunte, caricate sul van e portate a Verbania dove ci sono i loro parenti».

Il viaggio è durato tre giorni, di cui trenta ore in movimento. «Al ritorno abbiamo fatta tappa a casa di un amico che abita a Vienna il quale ci ha ospitati sia per la cena che per la notte – prosegue -. Il giorno dopo, una delle due bambine mi ha fatto leggere una frase sul suo telefono: c’era scritto “grazie per la cena” in ucraino e in italiano. Diciamo che Google traduttore ci ha “salvato” la vita…».

Un’esperienza che nessuno di loro dimenticherà: «Quello che mi ha colpito di più è stata la paura negli occhi di queste persone – racconta ancora Cavanna -. Erano talmente traumatizzate da non riuscire quasi a parlare. Ora stiamo cercando di capire come dare una mano per aiutare chi è fuggito qui e guardare al futuro: con l’associazione Leva89, ad esempio, abbiamo avviato dei corsi di lingua italiana. Ma tutti vogliono tornare in Ucraina, per questo motivo bisogna pensare a delle soluzioni per la ricostruzione».

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Cecilia Colli

Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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