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Assistenti sociali contro la stanza dell’ascolto: «Le donne in gravidanza hanno diritto di scelta»

L'Ordine regionale assistenti sociali del Piemonte interviene nel dibattito suscitato dall'iniziativa della Regione

La scorsa settimana l’Azienda Città della Salute e della Scienza di Torino e la Federazione regionale del Movimento per la Vita (FederviPA) di Rivoli hanno sottoscritto un accordo per la creazione all’ospedale Sant’Anna di una stanza d’ascolto destinata alle donne in difficoltà che intendono abortire. Un’iniziativa, pensata in Regione, che ha fatto discutere non solo in ambiente politico.

L’Ordine regionale assistenti sociali del Piemonte, infatti, ha aperto una riflessione sul tema sostenendo il diritto di scelta della donna. «Le politiche sociali di sostegno alle famiglie devono essere rese più omogenee incontrando la reale fatica di chi progetta un cambiamento attraverso la nascita di un figlio – dicono dall’Ordine -. Il sistema famiglia infatti necessita di adeguate strutture pubbliche per la custodia e la cura dei bambini, di tempi lavoro più armonici per garantire la presenza dei genitori accanto ai figli e di percorsi dedicati che li accompagnino nelle fasi di crescita più difficili sostenendoli sino all’inserimento nella vita adulta. Gli interventi erogati attraverso bonus non sembrano rappresentare un reale aiuto strutturale ed organizzato».

«La scelta di una donna di proseguire o interrompere la gravidanza, difesa dalla legge 194 del 1978, rappresenta per lei una possibilità reale e concreta di decidere sul proprio presente e sul proprio futuro – osserva la consigliera dell’Ordine, Sabrina Testa -. Non viene mai effettuata con leggerezza, anzi la donna che accede alle strutture pubbliche incontra professionisti socio sanitari, tra cui assistenti sociali, che l’aiutano a dar voce alle proprie riflessioni, permettendole così di maturare la consapevolezza che le permetterà di fare la scelta migliore».

Conclude il presidente dell’Ordine, Antonio Attinà: «Per questo riteniamo importante che il numero degli assistenti sociali che lavorano a supporto dei consultori e delle strutture ospedaliere debba essere incrementato, secondo quanto previsto dalla legge. Molte donne affrontano la notizia della gravidanza in solitudine, senza un compagno di vita, oppure senza la possibilità di una reale condivisione emotiva con chi gli sta accanto. La presenza dell’assistente sociale può essere un aiuto nel raggiungere l’autodeterminazione necessaria. Per questo riteniamo che vada difeso il diritto fondamentale di una donna nel poter dire si o no ad una scelta di vita che riguarda il suo presente e il suo futuro. Solo in questa maniera i suoi diritti saranno realmente esigibili».

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Redazione

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