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Neil Beloufa, “Digital mourning”

Non è certo una novità vedere un artista che vorrebbe, attraverso le sue opere, interagire col pubblico. E’ una “provocazione” per usare un termine un po’ frusto, che può essere fatta risalire agli esordi della Body, della Land e anche della Conceptual Art e, se volessimo essere più precisi, in fondo tutta l’arte vorrebbe, se non proprio interagire, quantomeno dialogare col pubblico, ma il discorso porterebbe troppo lontano. Anche il giovane e promettente artista Neil Beloufa che presenta nello “Shed” del Pirelli Hangar Bicocca di Milano questa singolare mostra dal titolo “Digital Mourning” (lutto digitale), aperta fino al prossimo gennaio, sembra porsi come principale obiettivo quello di interagire col proprio (e altrui), pubblico.

Beloufa si muove nel campo della multidisciplinarietà, ma sarebbe troppo restrittivo inquadrarlo come un artista digitale, anche se l’utilizzo dell’elettronica è certamente la nota dominante del suo lavoro. Le sue complesse installazioni sono volte a creare una molteplicità di punti di vista, tipici di una società pervasa dalla tecnologia digitale. Ma non è tutto così semplice come potreste pensare. Nello spazio espositivo ci accolgono tre figure (dette “host”), tre esseri ibridi (A,B,C) a metà tra scultura e videogioco (magari anche NTF), dove ognuna cerca di catturare l’attenzione del visitatore proponendo,nal proprio interno o sul proprio “corpo”, video dell’artista caratterizzati da attitudini stereotipate: quella della conservazione, quella del progressismo, quella ottimista ecc. Vediamo cosa ci propongono gli Host, cominciando con alcuni video dell’Host A.

Il suo colore caratterizzante è il blu e ci propone “Kempinski”, primo video dell’artista parigino, con interviste agli abitanti di una città del Mali mentre evocano una propria visione del futuro. E’ strano, effettivamente, noi non riflettiamo mai su quale visione del futuro abbiano gli abitanti del Terzo Mondo. “Global Agreement” è invece un video con interviste a militari di tutto il mondo che indaga sulle motivazioni che spingono le persone a diventare dei soldati. Tra le proposte più significative dell’Host B, è certamente “Not titled yet”, installazione “site specific” per l’Hangar, struttura labirintica che porta ad un ad una sorta di sala interrogatori della polizia, dove un gruppo di uomini e ragazzi americani mette in scena un gioco delle parti, vagamente pirandelliano, dove ognuno è un po’ giudice e un po’ indagato.

L’Host C, col suo colore rosso, presenta un bellissimo “disegno a tre dimensioni” di filo tubolare che rappresenta un interno domestico con una parete occupata da un monitor, che proietta un video nel quale l’artista intervista sei persone, i cui comportamenti vengono analizzati a distanza per stabilire se sia possibile prevedere algoritmicamente i comportamenti altrui con esito (fortunatamente) negativo. Opera di grande intensità concettuale e allo stesso tempo visivamente molto suggestiva. Dell’Host C però mi piace anche ricordare “Monopoly Podium”, video con una ripresa “zenitale” di un gruppo di ragazzi che stanno giocando ad una versione del famoso gioco Monopoli dove, anziché acquistare immobili e alberghi in Via Accademia o in Viale Monte Rosa, in palio ci sono pezzi dell’Ucraina, con un riferimento, nemmeno troppo velato, all’inarrestabile espansionismo russo.

Chiude l’esposizione, “La morale de l’histoire”, video immersivo tra sculture biomorfe e digitali sulle tematiche dell’accumulazione capitalistica , l’individualismo e l’estinzione dell’uomo, inghiottito dall’istinto iper-individualistico. Se non avete ancora visitato l’inquietante “Breath Ghosts Blind” di Maurizio Cattelan nella navata centrale dell’Hangar, approfittatene per dare anche un’occhiata, anzi più di un’occhiata, all’opera di Neil Beloufa, perché oltre che essere “spiegata”, l’arte deve principalmente essere esperita.

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Mario Grella

Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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