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Mettere il teatro dentro un film è sempre un grande rischio sia per lo sceneggiatore sia per il regista. Ci hanno provato in molti e ci sono riusciti in pochi perché il teatro è una cosa e il cinema un’altra. Questa volta ci ha provato Roberto Andò con il suo ultimo film “La stranezza”, in questi giorni nelle sale, incentrato sulla tragicommedia che due “becchini” di Girgenti tentano di mettere in scena nel teatro locale. Ma il destino vuole che in platea capiti uno spettatore illustre, Luigi Pirandello, tornato nella città natale per il compleanno di Giovanni Verga, che coincide con la morte della sua vecchia balia, fatto che favorisce l’incontro del “Maestro”con Nofrio e Bastiano (interpretati da Salvatore Ficarra e Valentino Picone). I preparativi per la messa in scena della sgangherata “La trincea del rimorso ovvero Cicciareddu e Pietruzzu” sono tragici e comici, esattamente come ciò che deve essere rappresentato e in più vicende sentimentali e personali si inseriscono sulla scena (e sulla messa in scena).

Pirandello è testimone e convitato di pietra al tempo stesso: meditabondo e scettico, fascinoso e misterioso, sembra trarre ispirazione da quella compagnia di guitti, ma soprattutto dal mescolarsi di invenzione scenica e realtà, per scrivere poi il suo più noto capolavoro, quei “Sei personaggi in cerca d’autore” che segnerà ,nella storia del teatro, l’abbattimento della cosiddetta “quarta parete” e contemporaneamente l’inizio di tante sperimentazioni teatrali, non solo in Italia.

Sembra che Toni Servillo, attore di teatro, abbia cominciato a prenderci gusto a fare anche l’attore di cinema, ma soprattutto a fare un attore di cinema che interpreta personaggi del teatro. Ricordiamo la sua interpretazione di Eduardo De Filippo in “Qui rido io”, di Mario Martone, che guarda caso è a suo volta un mostro sacro della regia teatrale. E allora questo continuo gioco di rimandi tra cinema e teatro significa forse che i registi e gli attori teatrali si sono stufati del teatro? Certo che è molto più raro vedere una trasposizione teatrale di una vicenda scritta per il cinema che non il contrario. Anche su questo, il bel film di Roberto Andò, indirettamente, ci costringe ad interrogarci.

Ma il film ci fa soprattutto riflettere sul genio pirandelliano e ,stavo per dire, anche sulla inutilità di tanta presunta avanguardia teatrale, senza fare nomi, altrimenti perderei metà dei miei followers. Andò è un regista attento, colto e certamente riesce nell’impresa di non far annoiare lo spettatore cinematografico e, al tempo stesso, di non fare innervosire lo spettatore teatrale. Lo fa anche con parecchie citazioni a cominciare dalla scelta di due comici come protagonisti, Ficarra e Picone appunto, che non possono non rimandare direttamente a Ciccio e Franco mattatori ne “La giara” pirandelliana, rivista in chiave cinematografica, anni fa, dai fratelli Taviani.

Prova superata con voti pieni, ma senza lode, solo perché il teatro è il teatro e il cinema è il cinema…

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Mario Grella

Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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