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Le “tre vite” di Giuliano Koten nel libro di Renato Ambiel

Sarà presentato martedì 24 maggio al Castello il volume che il giornalista novarese ha dedicato al pluricampione paralimpico. L'esilio nel dopoguerra da Fiume alla caserma Perrone, l'incidente sul lavoro, l'attività sportiva e l'impegno di oggi nel sociale: tanti episodi che gli fanno dire al protagonista «credo di aver avuto una vita più piena di quella di molti cosiddetti normali...»

Una delle prime cose che abbiamo chiesto al collega Renato Ambiel, autore del libro “Giuliano Koten che visse tre volte” che sarà presentato martedì 24 maggio alle 18 al Castello di Novara, è se non avesse considerato quanto meno strano scrivere un volume (accompagnato da tante belle immagini di Mario Finotti e corredato da altri contributi), che potrebbe sembrare la classica pubblicazione “postuma”, su una persona ancora vivente. Ma in realtà a volere questo lavoro è stato proprio Giuliano: «Il suo è un desiderio che coltivava da tempo – ha rivelato l’autore – Me l’ha chiesto diverse volte e adesso questo suo desiderio si è realizzato grazie a chi gli ha voluto bene».


Le “tre vite” di Koten sono presto ricostruite. Da Fiume, dove Giuliano nasce il 30 giugno 1941, all’esodo nel dopoguerra e il suo arrivo con la famiglia a Novara, dove vive per anni alla caserma Perrone. Poi il trasferimento in una “casa vera”, al Villaggio Dalmazia, e l’impiego alla Falconi, Qui nel 1965 è vittima di un grave incidente sul lavoro che lo costringerà su una carrozzina. Per sua fortuna al centro dell’Inail a Ostia il medico Antonio Maglio lo sprona a far sì che la sua esistenza abbia ancora un significato attraverso la pratica dello sport riservato ai disabili.


E’ la “scintilla” che accende la sua seconda vita, grazie a una straordinaria forza di volontà. Nello spazio di diversi decenni ha modo di primeggiare in alcune discipline, partecipando tra l’altro a sei Olimpiadi e «conquistando una serie infinita di titoli, medaglie e benemerenze. Un palmarès che purtroppo non siamo stati in grado di ricostruire con esatta precisione e completezza perché troppo scarne sono state le notizie recuperabili all’inizio».


Dalla pratica sportiva all’impegno dirigenziale sino all’aiuto al prossimo attraverso il volontariato nell’Associazione sportiva handicappati, fortemente voluta dalla Fondazione De Agostini sino alla più recente esperienza alla guida de Il Timone. Questa terza vita permette a Koten di ottenere diversi riconoscimenti anche a livello internazionale nell’ambito del Comitato olimpico, l’onorificenza di Cavaliere di gran croce e, nel 1988, il “sigillum” di Novarese dell’anno, in quell’occasione conferitogli insieme a don Aldo Mercoli e a Marcella Balconi (nell’immagine in bianco e nero).


Il libro offre diversi contributi, fra cui quelli di Carlo Casoli, del presidente del Comitato paralimpico italiano Luca Pancalli e della sua vice Tiziana Nasi; di Paolo Baraggioli, che fu il primo presidente dell’Ash, e dell’ex presidente della Fondazione comunità novarese Cesare Ponti, sino a Massimo Giordano. Proprio l’ex sindaco in occasione di una tornata elettorale volle candidare Koten come “indipendente” nonostante qualche malcelato mugugno: «Giordano – ha detto ancora Ambiel – insistette e Koten venne eletto. E’ vero che non vantava nessuna esperienza amministrativa, ma la sua partecipazione era utile alla città e la sua sola presenza bastava».


Insomma, una, due, tre vite, quelle di Giuliano Koten, che valgono la pena di essere raccontate come ha fatto Ambiel. Con lo stesso protagonista che alla fine ammette che «se ci penso penso di aver avuto una vita più piane di molti cosiddetti normali…».

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Luca Mattioli

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