Dpcm 14 ottobre, Minicucci (Confesercenti): «Disgustoso prendersela con il nostro settore»

La crisi dei bar e dei ristoranti e del settore della somminstrazione in generale a causa dell’emergenza sanitaria sembra non avere fine. Le conseguenze del lockdown per il settore si stanno rivelando un macigno e il nuovo Dpcm in vigore dal 14 ottobre che impone la chiusura dei locali non oltre mezzanotte e l’obbligo della consumazione al tavolo dopo le 21 ha ricevuto una dura presa di posizione da parte delle associazioni di categoria.

«È disgustoso prendersela sempre con questo settore – dichiara il direttore di Confesercenti Piemonte Nord Luigi Minicucci -. È evidente che questo Dpcm è stato scritto da qualcuno che non conosce le normative del lavoro dei pubblici esercizi. Non discuto sul fatto che tutte le regole imposte vadano a tutela della salute, ma credo che tanti aspetti avrebbero potuto essere affrontati in altro modo. Il nostro comparto è in una condizione più che precaria anche in seguito al prolungamento dello smartworking degli uffici e dunque all’assenza di lavoratori che si fermano fuori per la colazione o il pranzo. Non sono d’accordo sul fatto che l’orario dei locali venga ridotto: non mi risulta che il Covid si svegli di notte e dorma di giorno. Finora baristi e ristoratori hanno seguito tutte le norme sul distanziamento, ha ridotto la capienza però gli affitti e le tasse non sono variati. Tutti costi che vanno a incidere negativamente sui bilanci: non possiamo pensare di risolvere chiudendo o aumentando i prezzi».

 

 

E poi prosegue: «A luglio abbiamo fatto un’indagine e un terzo degli operatori ha dichiarato che con ogni probabilità entro la fine dell’anno potrebbero chiudere. Un lockdown per Natale, così come è stato paventato, sarebbe il colpo di grazia. Chiediamo al governo un contributo a fondo perduto perchè se le entrate sono minori è giusto che vengano compensate nelle spese. Propongo anche maggiori controlli nei confronti di chi non rispetta le regole e rischia di penalizzare tutta la categoria».

Allarmato anche il tono di Massimo Sartoretti, presidente Fipe Confcommercio Alto Piemonte: «Le misure contenute nel nuovo Dpcm rappresentano un colpo mortale per un settore già in gravissima crisi che vede, anche nelle nostre province, il rischio chiusura per moltissime imprese e la perdita del lavoro per centinaia di dipendenti e collaboratori. Questo, numeri alla mano, è il risultato certo se si proseguirà sulla strada delle chiusure anticipate, invece di incrementare i controlli per punire chi non rispetta le regole. Bar, ristoranti, imprese di banqueting e catering, imprese dell’intrattenimento sono state le realtà più colpite dalla crisi economica determinata dal Covid, ma sono state anche quelle meno supportate: senza aiuti significativi e concreti, siamo destinati a chiudere per sempre».

«Tra i nostri imprenditori – prosegue Sartoretti – c’è ancora chi deve pagare i debiti accumulati durante il lockdown di marzo e chi deve ammortizzare gli investimenti fatti per mettere il proprio locale in regola secondo il protocollo di maggio. È impensabile che si possa far fronte a una nuova riduzione dell’attività, mentre nessuno sta muovendo un dito per ridurre le spese cui i gestori dei pubblici esercizi sono tutt’ora costretti: se prima non si interviene in maniera decisa su queste due voci, non è possibile accettare nuove limitazioni al nostro lavoro».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Dpcm 14 ottobre, Minicucci (Confesercenti): «Disgustoso prendersela con il nostro settore»

La crisi dei bar e dei ristoranti e del settore della somminstrazione in generale a causa dell'emergenza sanitaria sembra non avere fine. Le conseguenze del lockdown per il settore si stanno rivelando un macigno e il nuovo Dpcm in vigore dal 14 ottobre che impone la chiusura dei locali non oltre mezzanotte e l'obbligo della consumazione al tavolo dopo le 21 ha ricevuto una dura presa di posizione da parte delle associazioni di categoria. «È disgustoso prendersela sempre con questo settore - dichiara il direttore di Confesercenti Piemonte Nord Luigi Minicucci -. È evidente che questo Dpcm è stato scritto da qualcuno che non conosce le normative del lavoro dei pubblici esercizi. Non discuto sul fatto che tutte le regole imposte vadano a tutela della salute, ma credo che tanti aspetti avrebbero potuto essere affrontati in altro modo. Il nostro comparto è in una condizione più che precaria anche in seguito al prolungamento dello smartworking degli uffici e dunque all'assenza di lavoratori che si fermano fuori per la colazione o il pranzo. Non sono d'accordo sul fatto che l'orario dei locali venga ridotto: non mi risulta che il Covid si svegli di notte e dorma di giorno. Finora baristi e ristoratori hanno seguito tutte le norme sul distanziamento, ha ridotto la capienza però gli affitti e le tasse non sono variati. Tutti costi che vanno a incidere negativamente sui bilanci: non possiamo pensare di risolvere chiudendo o aumentando i prezzi».     E poi prosegue: «A luglio abbiamo fatto un'indagine e un terzo degli operatori ha dichiarato che con ogni probabilità entro la fine dell'anno potrebbero chiudere. Un lockdown per Natale, così come è stato paventato, sarebbe il colpo di grazia. Chiediamo al governo un contributo a fondo perduto perchè se le entrate sono minori è giusto che vengano compensate nelle spese. Propongo anche maggiori controlli nei confronti di chi non rispetta le regole e rischia di penalizzare tutta la categoria». Allarmato anche il tono di Massimo Sartoretti, presidente Fipe Confcommercio Alto Piemonte: «Le misure contenute nel nuovo Dpcm rappresentano un colpo mortale per un settore già in gravissima crisi che vede, anche nelle nostre province, il rischio chiusura per moltissime imprese e la perdita del lavoro per centinaia di dipendenti e collaboratori. Questo, numeri alla mano, è il risultato certo se si proseguirà sulla strada delle chiusure anticipate, invece di incrementare i controlli per punire chi non rispetta le regole. Bar, ristoranti, imprese di banqueting e catering, imprese dell’intrattenimento sono state le realtà più colpite dalla crisi economica determinata dal Covid, ma sono state anche quelle meno supportate: senza aiuti significativi e concreti, siamo destinati a chiudere per sempre». «Tra i nostri imprenditori - prosegue Sartoretti - c’è ancora chi deve pagare i debiti accumulati durante il lockdown di marzo e chi deve ammortizzare gli investimenti fatti per mettere il proprio locale in regola secondo il protocollo di maggio. È impensabile che si possa far fronte a una nuova riduzione dell’attività, mentre nessuno sta muovendo un dito per ridurre le spese cui i gestori dei pubblici esercizi sono tutt’ora costretti: se prima non si interviene in maniera decisa su queste due voci, non è possibile accettare nuove limitazioni al nostro lavoro».

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