Le due ragazze aronesi che gestiscono la pagina Instagram Le perle degli omofobi, in più occasioni sono state prese di mira sui social
Erika Mattina e Martina Tammaro, le due ragazze aronesi che gestiscono la pagina Instagram Le perle degli omofobi, e che in più occasioni sono state prese di mira sui social da attacchi omofobi e dagli haters, hanno nuovamente ricevuto accuse mentre stavano girando un video ad Arona da pubblicare sul loro profilo.
«Venerdì, mentre preparavamo il video che abbiamo pubblicato sabato, è successa una cosa che ci ha fatto rimanere veramente male – scrivono -. Stavamo girando una parte dove ci baciavamo e ad un certo punto sentiamo una voce femminile lamentarsi. Un lamento a voce alta, molto alta. Una ripetizione iniziale di “ma ci sono i bambini” con tono sempre più severo e da rimprovero. “Ci sono i bambini, porca miseria” E poi ancora “se questo mi chiede cosa stanno facendo (alludendo a noi due) cosa gli dico?!” Il tono era arrabbiato. Noi eravamo sconvolte. Voi direte “ve l’hanno già detto centinaia di volte sul web”. Sì, ma dal vivo fa più male».
«Martina ha iniziato a rispondere “Ce l’ha con noi? Qual è il suo problema?” Lei ci ignorava, si lamentava con i cameraman ma non guardava in faccia noi. “È un luogo pubblico” diceva, come se stessimo facendo chissà che cosa.
“Se il bambino le chiederà qualcosa, lei glielo spiegherà come vorrà” ha suggerito uno dei nostri. E poi lì lei ha iniziato a tirare in mezzo mille cose: “non avete la mascherina” (ovvio, per baciarci come dovevamo fare? Ma comunque eravamo SOLE lontane da qualsiasi persona), “i miei figli non hanno posto per correre” (in un parco immenso dove noi occupavamo un quadratino minuscolo) e tante tante tante altre scuse per mascherare il suo intervento iniziale, quello che ci ha fatto più male, quello che era anche il più semplice da pronunciare: “ma ci sono i bambini”. 5 semplici parole che, urlate e con quel tono schifato, infliggono un’umiliazione che non vi riusciamo è mai riusciremo a spiegare. Noi lottiamo proprio per questo. Perché queste cose non devono accadere. E perché i bambini non vengano più “utilizzati” per dare voce al proprio fastidio. È stato brutto ma abbiamo deciso di raccontarvelo proprio per ricordarvi che ci sono ancora tanti passi avanti da fare e nemmeno uno indietro. Nemmeno uno».
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