Le parole portano con sé l’idea, ma non è sempre un’idea condivisa. Per capirci: se dico “vino” cosa immagina chi mi ascolta? Bianco, rosso, con le bollicine, da osteria, raffinato, esagerato… cosa? Ma anche se dettaglio le cose non vanno meglio. Se dico infatti “vino rosso” o “vino bianco” cosa immagina chi mi legge o mi sente? Non so… io posso solo dire quello che immagino io. Se uno mi dice “vino rosso” io immagino un bicchiere di barbera giovane, profumato di frutta e fresco alla beva. Se mi dicono “vino binco” io immagino un arneis dai profumi fini e dalla freschezza spiccata. Ma non sono sicuro che tutti la intendano come me.
Forse come ragionamento di base: un vino giovane, quotidiano… Io non so però se c’è qualcuno che adotterebbe alcuni dei vini che ho bevuto recentemente come esplicazione dell’idea di “vino”. Ho infatti assaggiato uno spumante di Cella Grande sui lieviti per 60 mesi e prima per sei mesi in vasca; e poi della stessa azienda un vino prodotto in anfora maturato nelle acque del Lago di Viverone.
Bottiglie bellissime, progetti ambiziosi, costo elevato… va da sé che non erano vini quotidiani. Avevano profumi inconsueti, difficili da definire e gusti altrettanto inconsueti. Io non li definirei “vini”, ma tecnicamente lo sono e alla mia compagnia sono piaciuti molto. Forse alcuni di loro non farebbero fatica ad immaginarli come idea della parola “vino”.
Io invece non so, ci metterei uno o più aggettivi: “vino a lunga fermentazione”, “vino anforato”, “vino maturato sott’acqua”… anche se, credo, anche queste definizioni non chiariscono molto.