Il Piemonte continua a perdere medici e infermieri, e con loro anche pezzi importanti del sistema sanitario regionale che appare sempre più fragile e in affanno. A lanciare l’allarme è il Partito Democratico, che in una conferenza stampa tenuta questa mattina, 7 maggio, al circolo di via Mazzini a Torino, ha presentato numeri allarmanti sulla situazione del personale, frutto di un accesso agli atti richiesto alle aziende sanitarie.
Nel 2024, il saldo tra assunzioni e cessazioni di medici a tempo indeterminato è ancora in negativo: a fronte di 909 cessazioni, sono stati assunti solo 711 medici. Il bilancio è drammatico: -198 unità. Sommando gli ultimi sei anni di amministrazione regionale a guida centrodestra, con presidente Alberto Cirio, la sanità piemontese ha perso complessivamente 970 medici.

Tra tutte le strutture ospedaliere, è l’ospedale Maggiore della Carità di Novara a registrare i numeri peggiori: nel solo 2024 hanno lasciato il servizio 64 medici e 94 infermieri, mentre sono andati in pensione altri 12 medici e 25 infermieri. A questi si aggiungono trasferimenti verso altre strutture: 6 medici e 7 infermieri. Le assunzioni a tempo indeterminato sono state 42 per i medici e 85 per gli infermieri, ma il saldo resta fortemente negativo: -40 medici e -41 infermieri. Anche se sono stati stipulati contratti a tempo determinato (54 medici e 42 infermieri), la precarietà resta un problema strutturale: questi contratti non fidelizzano il rapporto medico-paziente e mettono a rischio la tenuta complessiva del sistema.
Leggermente migliore la situazione degli operatori socio-sanitari (OSS), con un saldo positivo: 99 assunzioni contro 34 dimissioni. In perdita, invece, il comparto tecnico (27 dimissioni e 21 assunzioni) e quello amministrativo (20 dimissioni e 16 assunzioni).

Il quadro all’Asl di Novara è più variegato: 32 cessazioni tra i medici e 26 nuove assunzioni a tempo indeterminato; tra gli infermieri si registrano 44 uscite e 58 ingressi. Per gli OSS il bilancio è di 29 cessazioni e 35 nuove assunzioni, mentre i dati per il personale tecnico e amministrativo mostrano un saldo positivo (9 tecnici assunti contro 5 cessati, e 25 amministrativi assunti contro 12 dimissioni).
«Il calo strutturale delle assunzioni di medici a tempo indeterminato nel corso degli ultimi sei anni spiega l’esplosione dei gettonisti e degli straordinari inumani richiesti al personale – denuncia Daniele Valle, vicepresidente della commissione sanità del consiglio regionale –. È evidente che in un sistema dominato dalla precarietà la qualità delle prestazioni cala, le liste d’attesa si allungano e il personale sanitario smette di investire nel proprio lavoro a lungo termine. È un circolo vizioso che si autoalimenta, con il 58% delle cessazioni del 2024 dovute a dimissioni volontarie».
Anche tra gli infermieri, dove nel 2024 si registrano 96 nuove assunzioni, il bilancio resta fortemente negativo se si considerano i tre anni precedenti: tra il 2021 e il 2023 il saldo è di -1.156 unità. Complessivamente, da quando Cirio governa la Regione, il saldo degli infermieri è di -647.
«Altro che le duemila assunzioni promesse nel 2023 o le mille annunciate nel 2022 – incalza Domenico Rossi, segretario regionale del Partito Democratico –. I dati forniti da ASL e Aso mostrano chiaramente che quelle promesse non sono state mantenute. E ci chiediamo come si possa, in un simile contesto, anche solo pensare di abbattere le liste d’attesa o razionalizzare i servizi».
Secondo Rossi, la causa principale dell’emorragia non sono i pensionamenti, ma le dimissioni volontarie: «Oltre il 50% dei medici (58%) e degli infermieri (51%) abbandonano volontariamente il pubblico per il privato, attratti da migliori stipendi e condizioni di lavoro. E il 35% degli OSS fa la stessa scelta. Se non si inverte la rotta, la situazione non potrà che peggiorare».
La carenza di personale rischia di acuirsi nei prossimi anni, anche per effetto del calo delle iscrizioni ai corsi di laurea in infermieristica e in alcune specialità mediche. Il report dell’Università Bocconi, redatto in vista del nuovo piano socio-sanitario, evidenzia come le professioni sanitarie non risultino più attrattive. Per questo, conclude Rossi «servono azioni straordinarie, a partire da un patto con le Università per capire cosa serve davvero per rendere questi percorsi appetibili, anche aprendoci all’estero, ma con progetti strutturati e non con interventi episodici».