Ha definito l’ex convivente come una sorta «marito-padrone» che le impediva di avere contatti con altre persone e di frequentare amici e conoscenti, soprattutto se di sesso maschile. Erano ritenuti possibili amanti. Doveva stare sempre in casa a occuparsi delle faccende domestiche.
Stanca di sopportare insulti, minacce e aggressioni, lei, una sessantenne di Arona, ha chiesto aiuto ai servizi sociali e ha denunciato l’uomo per maltrattamenti in famiglia. La sua denuncia ha portato in tribunale alla condanna dell’ex marito F.G.R., di 63 anni, a 3 anni e mezzo di reclusione. I giudici hanno anche stabilito che il risarcimento del danno sia quantificato in sede civile.
La vittima, in aula, ha raccontato che l’uomo si atteggiava a «salvatore e protettore». Inizialmente lei pensava fosse solo un suo modo di essere, poi si era accorta che si comportava sempre così: «Era violento». Quando lei, qualche tempo fa, era ritornata da un incontro coi servizi sociali, lui era andato su tutte le furie strattonandola e trascinandola in cucina: «Questo è il tuo posto», le aveva intimato. Inutile il tentativo di reagire: «Mi ha presa a calci».
Nel corso di una successiva lite, stando a quanto raccontato dalla donna, lui l’aveva buttava bella vasca da bagno e cercato di soffocarla indirizzandole il getto di acqua fredda verso la bocca. Quel giorno era scappata e si era nascosta al cimitero, fino a quando alcuni parenti sono andati a prenderla: «Avevo paura che mi trovasse». Non è emersa invece una situazioni di maltrattamento nei confronti del figlio, spesso battezzato con epiteti al limite dell’insulto. Da questa imputazione è stato assolto.